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" FINO ALL'ULTIMO RESPIRO " di REBECCA DOMINO

Prendi in mano la tua vita e fanne un capolavoro. Karol Wojtyla

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BIOGRAFIA

Rebecca Domino è nata nel 1984. Appassionata di scrittura sin da bambina. Ama leggere e viaggiare. Il suo primo esordio letterario con il romanzo "La mia amica ebrea".

"Fino all'ultimo respiro" il suo secondo romanzo.

PRESENTAZIONE

Caro Lettore,

 Allyson Boyd è una diciassettenne come tante, nata e cresciuta ad Avoch, piccolo paesino scozzese. Un giorno deve consegnare dei compiti a una ragazza della sua stessa scuola, Coleen Hameldon, da questo incontro  la sua vita cambierà per sempre.

Tra Allyson e Coleen,  nascerà una straordinaria amicizia.  Coleen, sta lottando contro la leucemia.  Nella vita di Allyson entrano parole fino ad allora sconosciute, come: chemioterapia, effetti collaterali, trapianto di midollo osseo.

Coleen, vorrebbe solamente vivere una vita normale, vorrebbe vivere i suoi 17 anni.

Ma arriverà il giorno in cui  sarà costretta a prendere un'importante  decisione che cambierà l'intera sua esistenza e la vita di tutte le persone  che le vogliono bene, compresa la vita di Allyson.

È possibile non avere paura della morte?

Una storia intensa, fatta di  speranza.

Un romanzo che vuole ricordare  il coraggio quotidiano di tutti gli adolescenti che lottano contro una malattia chiamata "cancro", che lottano con tutte le loro forze contro un nemico pronto ad annientarli.   Il nemico "cancro" che l'esistenza o la cambia o la fa cessare.

Il nemico "cancro" che ti insegna a vedere il sole della vita, ad ogni tuo risveglio anche in un giorno oscurato dalla nebbia.

(Raffaella Lamastra)

BUONA LETTURA...

FINO ALL'ULTIMO RESPIRO 

I Capitolo

È domenica e stiamo aspettando che mio fratello torni ad Avoch da Glasgow. Sono mesi che non viene a trovarci, impegnato com’é con l’Università, e adesso mamma e papà sono elettrizzati all’idea di rivederlo, anche perché mio fratello li chiama piuttosto raramente. - Non capisco la sua avversione per il telefono – ha detto la mamma, un paio di settimane fa, ma io la capisco sin troppo bene: Neil non sopporta le chiacchiere della mamma. Lei, del resto, gli domanda sempre le solite cose: “Mangi bene?” “Stai studiando, vero?”. E gli raccomanda di non perdere tempo con le ragazze e lo sport.

A volte, mio fratello ed io stiamo al telefono anche per mezz’ora: lui mi racconta della vita nella “grande città”, come chiama Glasgow (a volte ironicamente, a volte facendo sul serio), io gli racconto della scuola e di cosa succede ad Avoch, ovvero niente. Il paesino in cui sono nata e cresciuta si trova nella regione delle Highlands, una delle più belle della Scozia, almeno a giudicare dalle fotografie che ho visto. Purtroppo, non ho ancora avuto modo di viaggiare quanto vorrei: sono stata nei dintorni grazie alle gite della scuola e una volta a Glasgow, quando i miei genitori ed io siamo andati a trovare Neil, poco dopo la sua iscrizione alla Glasgow University.

- Ci siamo – dice la mamma, uscendo dalla cucina e raggiungendomi in salotto. Per l’occasione, mia madre ha raccolto i capelli in uno chignon, e dei ciuffi, castano scuro e mossi, le incorniciano il volto. Il vestito è quello che ha comprato la settimana scorsa, un tubino nero che le sta un po’ troppo stretto, ma non le dico niente. Io sono stata messa di vedetta sulla porta perché veda l’auto di Neil che imbocca la via, mentre papà siede sul divano, a sfogliare un giornale. Nonostante sia metà maggio, l’aria è fredda e il cielo è nuvoloso: l’anno scorso Sheona è andata in vacanza in Spagna e mi ha detto che lì fa caldo anche a ottobre.

- Allyson, è Neil? – chiede mia madre, quando sentiamo il rumore del motore di un’auto. Assottiglio gli occhi per mettere a fuoco lungo la via, poi riconosco la macchina di mio fratello e noto una figura all’interno. - Penso proprio di sì – rispondo, abbozzando un sorriso, e solo ora mi rendo conto di quanto mi sia mancato mio fratello. Nonostante Neil sia un maschio e sia più grande di me di due anni, siamo sempre andati d’accordo: non sono mai mancati gli scherzi e le marachelle, ma ci siamo sempre stati l’uno per l’altra.

La porta si apre e mio fratello si ferma sull’uscio: - Sorellina! – esclama, poi mi stringe in un abbraccio. Dopo è il turno della mamma, mentre papà poggia in un angolo dell’ingresso le due valigie di Neil. Noto solo adesso che mio fratello ha uno zaino sulle spalle, con le bretelle leggermente rovinate. - Com’é andato il viaggio? – gli domanda la mamma – c’era traffico? E come vanno gli studi? –. - Tutto bene, mamma – risponde Neil, poi ci scambiamo un sorriso. Mentre mio fratello porta le valigie in camera sua, vado a dare una mano alla mamma in cucina. Sento papà che accende la televisione in salotto e ricordo quand’ero piccola e la domenica significava mangiare dolcetti e starcene stravaccati davanti al televisore con papà, mentre mamma preparava il pranzo.

La mamma ha cucinato l’haggis e controllo che la tavola sia apparecchiata per bene; un tempo – quando anche Neil abitava con noi – non c’erano mai queste formalità, neanche quando era Natale o l’ultimo dell’anno. Adesso la mamma vuole che la casa sia perfetta, quasi ciò  potesse spingere mio fratello a lasciare l’Università e tornare ad Avoch.  Durante il pranzo, Neil tiene banco: mangia con gusto e ci racconta delle sue giornate all’Università. Io gli chiedo anche della vita sociale che ha a Glasgow, ma lui risponde che non ha molto tempo libero dallo studio e che si è limitato a visitare la città un paio di volte.

Quando papà prende una copia dell’“Highland News” e comincia a leggerla, e la mamma si alza per andare a prendere il dessert, mio fratello mi strizza l’occhio e capisco che ci ha raccontato solo la metà delle cose. Nel pomeriggio Neil ed io passeggiamo intorno alla casa. Ogni tanto c’imbattiamo in alcuni dei vicini e allora ci fermiamo a salutarli: mio fratello scambia dei convenevoli con loro. Le domande sono quelle di rito, e più di una persona nota che mio fratello è cresciuto. Sembra anche a me: i suoi capelli - neri come i miei, ma più folti - sono leggermente più lunghi e anche i suoi occhi, azzurri come quelli della mamma, sembrano cambiati.

Forse perché, vivendo lontano, Neil ha visto molte più cose di quando abitava qui con noi. Inoltre, mio fratello è più alto di come lo ricordavo e indossa degli abiti che ha comprato a Glasgow e che non gli ho mai visto indosso, prima. Mi chiedo se anche lui mi trovi cambiata, cresciuta, ma non glielo domando. - Allora? – gli chiedo, quando ci sediamo su una panchina – non mi hai raccontato delle tue bravate a Glasgow –. - Nessuna bravata – ride Neil, con una luce negli occhi. Mi racconta delle uscite con gli amici dell’Università, di come abbia conosciuto più di una ragazza carina ma di come non abbia intenzione di fidanzarsi. - Ho diciannove anni – mi dice, stringendosi nelle spalle – voglio essere libero come l’aria, capisci? E tu, Allie? Scott non ha ancora capito che ragazza meravigliosa sei? – Mi limito a scuotere la testa.

Mio fratello non ha mai visto Scott, un ragazzo che frequenta la mia scuola e qualche classe con me, però mi ha sentito parlarne con Sheona. - Noi maschi siamo piuttosto lenti a capire certe cose – ride mio fratello. Lo so che lo dice per cercare di tirarmi su di morale: sono due anni esatti che ho una cotta per Scott e in tutto questo tempo sono riuscita solamente a dirgli “ciao” e a scambiarci qualche convenevole. Non sono una persona timida, ma nessuno – a parte Sheona – sa quello che provo per lui, e non voglio correre il rischio che qualcun altro lo scopra, sapendo già che gli altri mi tormenterebbero perché mi faccia coraggio e parli più a lungo con Scott.

Neil ed io chiacchieriamo per un altro po’, gli racconto i piccoli avvenimenti di Avoch: una bambina che è nata alla coppia che abita in fondo alla via, qualche vecchio conoscente che è morto (e che fa parte dei nostri ricordi d’infanzia) e poi parlo dei nostri genitori. Il lavoro al “Boyd’s Bait”, il negozio di pesca di famiglia, va piuttosto bene: per fortuna i pescatori ci sono  durante tutto l’anno, sia con il bel clima sia con le intemperie. Di solito, durante l’estate, vado ad aiutare papà in negozio, ma è ancora troppo presto. La scuola finirà a breve e i professori ci stanno facendo studiare come matti.

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Oggi è stata un’altra di quelle giornate scolastiche da dimenticare. Abbiamo avuto il compito di gaelico e poi quello di matematica, il tutto accompagnato dai soliti discorsi dei professori su quanto sia importante conseguire buoni risultati, specialmente in vista dell’anno prossimo, quando saremo al sixth grade, ovvero l’ultimo anno di scuola superiore. Sheona mi accompagna alla fermata dello scuolabus proprio di fronte all’istituto; cisono un sacco di altri studenti, qualcuno che conosciamo, qualcuno che non abbiamo mai visto prima. Per essere la scuola superiore di un paesino come Avoch, che conta pochissime anime, è piuttosto affollata. Sheona si guarda intorno, poi mi comunica: - Nessuna traccia di Scott –. - Non lo sto certo aspettando – ribatto – dov’é Wallace? – - Ha lezione di tennis – risponde la mia amica. Lei e Wallace stanno insieme da sei mesi.

Come al solito, Sheona mi saluta in gran fretta e ci promettiamo di sentirci nel pomeriggio: se non verrà giù una pioggia torrenziale, potremmo andare a fare due passi e perfino a guardare le vetrine, anche se ormai le conosciamo a memoria. Rimango alla pensilina, poi mi metto a chiacchierare con Abi, una delle ragazze che frequenta la classe di matematica con me. Parliamo del compito.

Ogni giorno dopo la scuola Sheona prende l’autobus di linea e va in ospedale: sua madre è molto amica di una certa signora Hameldon, la cui figlia studiava nella nostra stessa scuola. Questa ragazza ha una qualche forma di cancro, e Sheona deve andare a portarle i compiti in ospedale. Una volta le ho chiesto perché non fa venire la signora Hameldon a casa sua, ma la mia amica ha risposto che sua madre è intransigente su quel punto e che pensa che a quella ragazza faccia bene avere intorno qualcuno della sua età, ma Sheona non s’intrattiene in ospedale più del necessario. Si limita a consegnare i compiti ai signori Hameldon e poi se ne torna a casa. Quando arriva lo scuolabus, salgo insieme agli altri studenti e, mentre guardo Avaloch che scorre fuori dal finestrino, sorrido al pensiero che troverò Neil a casa ad aspettarmi.  

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"FINO ALL'ULTIMO RESPIRO" di Rebecca Domino

prezzo: GRATUITO. Se vuoi leggere il romanzo, manda una mail a rebeccaromanzo@yahoo.it

L'autrice scrive ai lettori:

Incoraggio i miei lettori a fare una donazione libera e sicura sulla mia pagina raccolta fondi di Justgiving.com, per l'ente benefico "Teenage Cancer Trust".

Info per le donazioni: http://rebeccadomino.blogspot.it/p/supporta-teenage-cancer-trust.html

Sito utile: http://rebeccadomino.blogspot.it Pagina Goodreads: http://www.goodreads.com/book/show/21976662-fino-all-ultimo-respiro

Pagina Facebook dell'autrice: https://www.facebook.com/pages/Rebecca

Caro Lettore,

arrivederci al prossimo appuntamento letterario.

 

 

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