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LEGGIAMO UN LIBRO INSIEME: "L'UOMO CHE ERO" di Lucio Caneve

Perché nella vita nulla succede per caso. E ogni cosa è possibile, se viene fatta e chiesta con il cuore…

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"L'UOMO CHE ERO" di Lucio Caneve

 BIOGRAFIA AUTORE

Lucio Caneve è nato il 18 gennaio 1961 a Caorle, un piccolo Paese turistico di pescatori della provincia di Venezia, attualmente vive a Musile di Piave (VE).

Pur lavorando nel settore finanziario/assicurativo, non ha mai smesso di coltivare le sue più grandi passioni, quali: la lettura, la scrittura, il disegno, la pittura, l’aerografia e la fotografia.

Nel 2010, è stato pubblicato il suo primo libro, un romanzo dal titolo: “Nulla è come sembra” (Kimerik Editore), ottenendo un discreto successo di vendita.

Dopo il suo primo lavoro, lo scrivere è diventato parte di lui, del suo modo di essere e di rapportarsi con la vita. Quando scrive, vive la storia come fosse realtà e quindi, come se vivesse nello stesso momento, due vite: quella reale e quella del romanzo che sta scrivendo.

Nel 2012 la Casa Editrice Butterfly Edizioni ha pubblicato il suo nuovo romanzo dal titolo: “L’uomo che ero” che ha ottenuto e continua ad ottenere commenti di alto livello.

A ottobre 2015 l’autore pubblica in formato E-Book con l’Editore Streetlib lo stesso libro, cambiando la copertina e inserendo il sottotitolo: “… un viaggio oltre il tempo e le dimensioni” per indirizzare meglio il lettore agli argomenti trattati nel romanzo.


PRESENTAZIONE

 Nella magica ambientazione dell’incantevole Venezia, le sue Calli, un bacaro (osteria veneziana), Piazza san Marco e un’ abitazione al quarto piano di un palazzo affacciato sul Canal Grande: Lorenzo, uno scrittore dal buon successo, Lisa, una docente universitaria bella e solare e Angelo, un anziano e simpatico professore. Tutti alle prese con un susseguirsi d’avventure ed emozioni in seguito al ritrovamento di un libro dai contenuti sconvolgenti e rivelatori: sulla vita, sull’esistenza, sull’evoluzione dell’uomo.

Fra Venezia, Asolo e la Casa del Tibet di Votigno di Canossa, l’autore riesce nella sua opera, attraverso una descrizione estremamente analitica - quasi da sceneggiatura cinematografica - dei personaggi, degli ambienti, dell'abbigliamento e persino delle abitudini alimentari dei protagonisti, a coinvolgere l'interesse del lettore. In un abile alternarsi di narrazione e riflessione, questo libro ci parla di risveglio delle coscienze, di evoluzione del genere umano, di sincronicità, viaggi astrali, pensiero positivo, amore universale.

 Ma anche di una magica storia d’amore e di un incredibile incontro col passato…

Un romanzo che ci invita a risvegliarci, a innalzare la nostra energia, a valorizzare la bellezza delle cose semplici, a scoprire che il segreto della vita è nel vivere ogni cosa con amore, a cogliere i messaggi di ciò che chiamiamo coincidenze.

Perché nella vita nulla succede per caso. E ogni cosa è possibile, se viene fatta e chiesta con il cuore…


Buona lettura...

L’uomo che ero

… un viaggio oltre il tempo e le dimensioni


L’incontro

Ero seduto al tavolo di un Bacaro di Venezia, un luogo che frequentavo abitualmente. Il titolare, Antonio, detto Tony, ormai mi conosceva da anni e mi teneva sempre libero un tavolino sotto una finestra che guardava sul Canale della Giudecca.

Mi piaceva quel posto, era uno di quei tipici locali veneziani, dove pareva che il tempo si fosse fermato, arredato in uno stile rustico, che lo rendeva confortevole e caldo e che fungeva anche da invito per la gente di passaggio a entrare. Sul bancone vi erano sempre una miriade di “cicchetti” pronti per essere gustati, accompagnati a un buon calice di vino, la classica “ombra”.

La moglie del titolare, Maria, una donna piuttosto corpulenta, era un’ottima cuoca e si dilettava sempre con ricette tipiche regionali di grande effetto e sapore. Tony, invece, era un bravo sommelier e la sua era una cantina a dir poco invidiabile, in catalogo aveva più di seicento etichette, un numero di tutto rispetto e che comprendeva anche vini di gran pregio.

Vivevo a Venezia da sette anni e, pur avendo un bell’appartamento con vista sul Canal Grande, mi piaceva sedermi in quel Bacaro denominato “La Bricola”, non solo per pranzare o cenare, ma anche per scrivere i miei romanzi e gli articoli per la rivista per la quale lavoro. Da anni, ormai, andavo lì, quello era un posto che riusciva a ispirarmi, soprattutto in inverno, quando l’afflusso turistico era ridotto rispetto che in estate. Mi sentivo come a casa mia, sia Tony che Maria, poi, erano, oltre che affabili e bravi nel loro lavoro, anche persone simpatiche e genuine.

I miei migliori articoli e romanzi li avevo scritti proprio lì, in quella tipica osteria veneziana. Ho sempre trovato molto piacevole dialogare con alcuni avventori abituali del locale o, più semplicemente, ascoltare i discorsi che fanno con Tony, in esclusivo dialetto veneziano. Persone semplici ma interessanti e uniche per la loro schiettezza e spontaneità, a volte, “volava” anche qualche eresia, ma anche questo faceva parte di quell’amabile ambiente. Mi è sempre piaciuto parlare con questo genere di persone, che io definisco veraci, trovo che ognuna di esse sappia donarti qualcosa d’importante, molto spesso di più di quello che possono darti persone cosiddette acculturate o che ricoprono importanti posizioni sociali, senz’altro sono più vere e non conoscono l’ipocrisia. Stavo scrivendo un articolo che riguardava la riscoperta da parte dell’uomo occidentale di energie sottili, di quel campo energetico che possiede ogni essere vivente e, in particolar modo, l’essere umano.

La rivista per la quale scrivevo, non a caso, si chiamava: “Il Settimo Senso”. Il mio Editore era molto entusiasta del mio lavoro e delle ricerche che facevo riguardo agli argomenti trattati nei miei articoli e il consenso dei lettori era notevole. Mentre scrivevo il nuovo articolo sul mio notebook, di tanto in tanto, sorseggiavo il buon calice di vino che Tony mi aveva portato; erano quasi le 16 e trenta e il sole stava già tramontando. Guardando fuori dalla finestra, potevo vedere l’incantevole paesaggio con il Molino Stucki in lontananza, rischiarato dai colori caldi del tramonto, uno spettacolo unico, che solo una città come Venezia può regalare. Era dicembre e fuori faceva parecchio freddo, complice anche il vento di tramontana che soffiava forte. Nella penombra del tramonto, vidi un anziano signore avvicinarsi all’entrata del locale che, dopo aver dato una rapida occhiata all’interno attraverso la porta a vetri, entrò. Era infreddolito e tentava di scaldarsi le mani fregandole fra loro e portandole alla bocca alitandoci sopra. M’incuriosiva quell’uomo, aveva capelli e barba bianchi, era vestito con eleganza e portava un cappello in testa, che si era immediatamente tolto una volta entrato.

Sentii che chiese a Tony se poteva sedersi e, passandomi accanto, mi salutò con gentilezza per poi accomodarsi in un tavolino vicino al mio. Dopo aver contraccambiato il saluto, mi disse: «Fa un freddo cane, con questo vento poi, che ti penetra dappertutto, si sente ancor di più!»

«Eh sì, caro signore» risposi. «Qui a Venezia, quando tira il vento di tramontana o la bora, si sente molto di più il freddo. Sempre meglio comunque dello scirocco, che anche se è un vento caldo, ha il gran difetto di provocare il fenomeno dell’acqua alta.»

Mentre parlavo, mi alzai per avvicinarmi a quell’uomo e presentarmi. «Mi chiamo Lorenzo Martini, piacere di conoscerla.»

«Il piacere è mio, il mio nome è Angelo, Angelo Rinaldi.»

«Immagino che lei non sia di qui!»

«No, io abito a Roma e sono venuto a Venezia perché mi devo incontrare con una persona. Lei abita a Mestre, si chiama Lisa ed è una docente universitaria.»

«É per caso Lisa Ferrari?», chiesi.

«Sì, la conosce? Mi ha dato appuntamento qui, ha detto che mi doveva parlare di una cosa molto importante, siamo entrambi appassionati alle filosofie orientali e a tutto ciò che viene definito esoterico. Mi ha telefonato due giorni fa, dicendomi di avere una cosa da farmi vedere e che voleva discutere con me, ma lei allora la conosce!»

«Certo, sì, la conosco bene, anche se sono quasi quattro anni or-mai che non la vedo più, un tempo, la contattavo spesso per parlare con lei di alcuni argomenti di cui volevo scrivere sulla rivista per cui lavoro.»

«Ma allora lei è lo scrittore di cui Lisa mi ha molto parlato, anche lei, se non sbaglio, si occupa e scrive di esoterismo.»

Mentre parlavo con quell’uomo che avevo appena conosciuto, la mia mente era stata catturata dai ricordi che, il parlare di Lisa, mi avevano suscitato. Con lei ci si conosceva da molto tempo, fin da quando mi ero trasferito a Venezia. Avevamo entrambi trentotto anni e da quando, una sera, un mio amico me l’aveva presentata, fra noi era subito scattato quello che si definisce: “amore a prima vista”.

Lisa, una donna esuberante, piuttosto alta, con i capelli castani, lunghi e lisci, che le scendevano sulle spalle, occhi verdi e un fisico magro ma prorompente, con un seno importante e un culo bello, tondo, che io avevo sempre definito da primato mondiale.

Andavamo molto d’accordo, fra noi c’era stata fin da subito una grande intesa, sia intellettuale, sia fisica. Dopo qualche mese di frequentazione, avevamo deciso di andare a vivere assieme e la cosa è andata avanti per quasi due anni, poi, lei aveva ricevuto un’ottima proposta di lavoro e si era così trasferita a Roma.

Ricordo che io mi ero molto arrabbiato per questo, in quel momento avevo pensato che preferisse il suo lavoro a me, così, dopo la sua partenza, non c’eravamo né più sentiti, né visti per quasi un anno. Quindi, un giorno, lei mi aveva chiamato per chiedermi come stavo e da allora, ogni tanto, ci si sentiva telefonicamente.

Solo circa un mese fa, ero venuto a sapere che si era ritrasferita a Venezia, anzi, a Mestre e che faceva la docente universitaria nella Città lagunare, ma non c’eravamo ancora rivisti.

Mi resi conto di non stare più ascoltando Angelo che mi parlava, ma a togliermi da quell’imbarazzo ci pensò proprio lei, Lisa, che in quel momento, entrò nel locale. Non appena la vidi, il mio cuore, in tutta la sua autonomia, iniziò a battere forte per l’emozione di rivederla dopo tanto tempo. Indossava un pellicciotto bianco che, cono-scendola bene, era certamente di tipo ecologico e, anche in testa, portava una specie di colbacco peloso dello stesso colore della pelliccia. Senza indugio, si diresse subito verso di noi, togliendosi il cappello e lasciando cadere sulle spalle i suoi lunghi capelli. Vissi quei momenti come se fossero le immagini di un film che andava a rallentatore.

Ero ancora in piedi e lei, dopo avermi dedicato il più bello dei suoi sorrisi, per nulla sorpresa di vedermi lì, strinse la mano ad Angelo dicendo: «Buona sera professore, sono contenta che lei abbia accettato il mio invito. C’è una cosa importante di cui, noi tre, dobbiamo discutere.» Poi, si girò di nuovo verso di me e, abbracciandomi forte, mi disse: «Ciao Lorenzo, sono felice di vederti, sapevo di trovarti qui.»

«Ciao Lisa, sei sempre più bella! La felicità è tutta mia, te lo assicuro! Ma… cosa vuol dire che sapevi di trovarmi qui?»

«Poi ti spiego, l’argomento è importante e ti assicuro che capirai anche da solo.»

La aiutai a togliersi la pelliccia, era vestita con eleganza, indossava un bel tailleur e la gonna aderente appena sopra le ginocchia faceva vedere la forma di quel suo bel culo che ricordavo bene. Non era per nulla cambiata, era solo più donna, e ancor più femminile e affascinante.

Ci sedemmo tutti allo stesso tavolo, quello del professore, come lei lo aveva chiamato.

«Vedo che vi siete già conosciuti.»

«A dire il vero, ci eravamo solo presentati, il signor Angelo mi stava dicendo che tu gli hai parlato spesso di me, ma poi, sei entrata e abbiamo interrotto le nostre presentazioni.»

«Bene, allora, ti presento il professor Angelo Rinaldi, anche lui è uno studioso esoterico e, fra l’altro, è un grande esperto di manoscritti antichi.»

 Quindi, prese la sua borsa che aveva appoggiato su una seggiola rimasta libera e ne tirò fuori un libro dall’aspetto assai malandato.

Aveva la copertina rigida, mal ridotta, di colore marrone scuro, con una scritta in bassorilievo che non riuscivo a leggere.

«Di che si tratta?», dissi.

«É un libro che ho acquistato circa un mese fa, in una bancarella del mercatino dell’antiquariato di Asolo. Compro spesso libri in quelle bancarelle, ma questo mi ha attratto più del solito, non so il perché, ma è stato così. Fatto sta, che a differenza di tutti gli altri, poi, ho iniziato a leggerlo la sera stessa e già il giorno dopo lo avevo finito.»  

Il professore s’infilò gli occhialini da lettura e prese il libro, iniziando a scrutarlo con interesse. Io guardai Lisa, aveva un viso sorridente e si vedeva che era carica di entusiasmo.

«Cosa ne pensa Professore?», dissi.

«Da qual che vedo, il libro in sé non è particolarmente antico. Mancano le pagine relative all’editore e non si riesce nemmeno a capire chi l’abbia scritto, probabilmente, risale alla prima metà del ‘900, ciò che è curioso è il titolo: “BARDO”». Mentre pronunciava quella frase, il professore girò il libro verso di me per mostrarmi la copertina.

«Mi sembra di aver già sentito questa parola, ma non ricordo più in quale contesto.» dissi.

Intervenne Lisa, dicendo: «Bardo è una parola sanscrita, che significa il periodo di transizione che ogni essere umano ha fra la sua morte fisica e la nuova reincarnazione. Questo, secondo la cultura buddista, chiaramente!»

«Esatto! Negli antichi scritti tibetani si dice che questo periodo di transizione duri al massimo 49 giorni» disse Angelo.

«Ora ricordo! É un termine che si trova molto spesso negli insegnamenti del buddismo, in particolar modo in quello tibetano, appunto!»

Fummo interrotti da Tony, che si era avvicinato al tavolo per chiederci se avevamo il desiderio di ordinare qualcosa. Con mia sorpresa, Angelo gli chiese se aveva una bottiglia di Capo di Stato della Cantina Loredan Gasparini, un vino che a me è sempre piaciuto moltissimo e che ho sempre ritenuto essere uno dei migliori vini veneti.

«Ah, ma allora, el Sior el se n’intende!››, rispose Tony, con aria soddisfatta e compiaciuta. ‹‹Certo che sì, abbiamo in cantina l’annata 2008, 2007 e anche la ’98.»

«Bene» rispose Angelo. «Allora, ci porti una bottiglia del 1998.»

«Per Lisa no!» dissi «Per lei porta pure un calice di buon Prosecco di Valdobbiadene, lei beve esclusivamente prosecco, e poi, portaci anche un po’ dei tuoi cicchetti.»

‹‹Non staga preoccuparse Sior Lorenzo, ghe penso mi!››

Lisa mi guardò, il suo viso era radioso e con il suo inconfondibile sorriso, mi disse: ‹‹Vedo che non ti sei dimenticato dei miei gusti!››

‹‹E come potrei essermene dimenticato? Ci conosciamo bene, noi due…››

Poi, mi rivolsi ad Angelo, dicendo: ‹‹Complimenti per l’ottima scelta, come fa a conoscere quel vino?››

‹‹Sono un amante del buon bere e il Capo di Stato è un vino che ricordo di aver bevuto molto tempo fa, forse, in un’altra vita, chissà?››

Una risata scaturì spontanea, eravamo tre persone che sembrava ci conoscessimo da sempre, si era subito instaurata un’intesa particolare.

Lisa riprese la parola, dicendo: ‹‹Vedete, a proposito del libro, io l’ho letto tutto e mi ha letteralmente rapita. In quel libro, ci sono scritte delle cose, che sono dei veri e propri insegnamenti, una sorta di vademecum del viandante; vi è contenuto tutto ciò che ogni essere umano dovrebbero sapere per riconoscere bene quale dovrebbe essere il percorso che dobbiamo fare nella… nelle nostre vite. Io ne sono rimasta tanto affascinata, talmente tanto che ho ritenuto importante e doveroso condividerlo con voi, anche perché… ci sono scritte delle rivelazioni, a dir poco, sconvolgenti!››

Angelo, allora, ci raccontò quello che sapeva, a proposito del titolo del libro: ‹‹L’argomento del “bardo” è stato trattato ampiamente da un grande Maestro, un Monaco indiano dell’VIII secolo dopo Cristo, lo si ricorda con il nome di Padmasambhava, che significa: “Il nato dal Loto”. Scrisse un manoscritto che diventò molto noto anche in occidente, ma questo solo dopo la sua traduzione e pubblicazione nel 1927, ad opera di un antropologo americano, che se non ricordo male, si chiamava Walter Evans Wens. Si dice che le informazioni contenute in quel manoscritto erano talmente importanti e innovative per l’epoca in cui furono scritte, che lo stesso Padmasambhava decise di nasconderle in un luogo segreto, sapendo che al momento giusto un uomo di grande merito le avrebbe ritrovate e divulgate. Questo avvenne quasi 600 anni dopo. Fu appunto un uomo di grande merito a ritrovarle, non ricordo però il suo nome, ma poco importa. Quel testo è stato definito il primo manuale della storia, un libro di saggezza universale fra i più venduti al mondo. Il titolo originale è: “Il Grande Libro della Liberazione Naturale attraverso la comprensione dello stato Intermedio”, ma in occidente è noto con il titolo “Il Libro Tibetano Dei Morti”, un titolo che fa sussultare e, per certi versi, rabbrividire il più delle persone.››

‹‹Ora ricordo, l’ho già sentito nominare, ma non ho mai avuto l’idea di acquistarlo, forse, appunto, per via del suo strano e poco invitante titolo.››, dissi.

Lisa mi appoggiò una mano sulla schiena, facendomi scorrere una bella energia lungo tutta la spina dorsale e, prendendo la parola, disse: ‹‹Esatto, Professore! Quel libro, dal titolo così particolare, per i Tibetani, è diventato un vero e proprio testo sacro e i suoi insegnamenti vengono applicati ormai da centinaia d’anni, fin da quando, nel 1.350 circa, il manoscritto venne riscoperto e divulgato in tutto il Tibet. Da allora, fra loro, si è sviluppato un vero e proprio culto per i morti, i quali vengono accompagnati nel trapasso attraverso la recitazione degli insegnamenti di quel libro da parte di Monaci o Lama, che si siedono al cospetto del defunto. Con questi “Mantra”, appunto, lo accompagnano nel trapasso, tenendolo in guardia dalle insidie, che i demoni irati possono fargli nel bardo, una sorta di vita intermedia, prima di una nuova reincarnazione.››

‹‹Brava Lisa!», disse il professore, proseguendo: ‹‹Sì! Per il buddismo tibetano, questo rito che accompagna i morti nella vita intermedia rappresenta una sorta di allerta per il defunto per non cadere nelle trappole, o meglio, nelle insidie, che le Divinità Pacifiche mettono in atto attraverso le manifestazioni di demoni. Questo serve per mettere alla prova il defunto. Addirittura, esso, viene in contatto perfino con Yama, la morte in persona, la quale, lo esamina per le sue azioni buone e cattive avute durante la sua vita, che hanno alimentato il famoso karma. Si dice che Yama lasci cadere a terra, davanti al defunto, una serie di ciottoli di colore bianco, che rappresentano le sue buone azioni mentre era in vita e di colore nero che chiaramente rappresentano le cattive azioni compiute nella sua vita.››

‹‹Mi lasci indovinare, Angelo›› intervenni. ‹‹Se i ciottoli bianchi sono di più di quelli neri, significa che il karma del defunto è abbastanza buono per poter reincarnarsi, mentre, se sono di più i ciottoli neri, vuol dire che Yama lo tiene con lui?››

‹‹Be’, non esattamente! Vuol dire che se a prevalere sono i ciottoli bianchi, il defunto può reincarnarsi nuovamente come essere umano e, nella nuova vita, attraverso le sue sofferenze, potrà purificare il proprio Karma. Se, invece, a prevalere sono i ciottoli neri, esiste la possibilità che questi si reincarni in un essere vivente inferiore, ad esempio: un animale.››

‹‹Certo, sì, ho capito perfettamente! Quindi, una volta superate queste prove, il defunto è pronto per rinascere, o in un’animale o nuovamente in un essere umano e così via, per un’infinità di altre vite, fino a quando avrà raggiunto la consapevolezza del Budda e quindi il cosiddetto Nirvana.››

‹‹Esattamente!›› mi rispose. Mentre discutevamo di questi argomenti, arrivò Maria, sorreggendo un gran vassoio fra le mani, a portare ciò che avevamo ordinato e dicendo: ‹‹Eccome, Sior Lorenzo, i cicheti e, el vin, ve asso tuto qua!››

Posò il vassoio e, dopo aver accennato a un inchino, se ne ritornò al banco.  Mentre Maria si allontanava, il professore sorrise, si notava chiaramente il suo entusiasmo per essere in quel luogo, così caratteristico e con persone così cordiali.

‹‹Vede, Angelo›› dissi. ‹‹Io vengo sempre qui, anche per questo, perché, oltre che a mangiare e bere bene, sia Maria che Tony sono due persone belle e genuine.››

‹‹Non c’è dubbio! Piacciono anche a me questo tipo di persone. Ma… dammi pure del tu, Lorenzo.››

‹‹Va bene, Angelo›› risposi.

Quindi, presi il calice di prosecco e lo porsi a Lisa, poi, versai il vino rosso per Angelo e per me e alzai il bicchiere a invito per un brindisi.

‹‹Alla vita!›› dissi.

‹‹Alla vita e all’amore!›› rispose Lisa, alzando a sua volta il bicchiere e guardandomi negli occhi.

‹‹Alla salute!›› fu la risposta di Angelo.


L’UOMO CHE ERO di Lucio Caneve – Edizioni Butterfly – E-Book (StreetLib selfpubblish)

E-mail: luciocaneve@gmail.com 

www.luciocaneve.com


Caro Lettore, arrivederci al prossimo appuntamento letterario.

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