Qualcosa, come il tempo che scorre e gli anni che passano, qualcosa come uno spazio percorso e i cambiamenti provocati dallo spostamento. Qualcosa che sembra essere entrato nella stanza dello Spazio Contemporaneo “Carlo Talamucci”, di villa Visconti d’Aragona via Dante 6.
Al suono della battitura ritmata di una macchina da scrivere, sullo schermo slittano inesorabili alcuni testi di scrittori stranieri che hanno deciso di comunicare i loro pensieri in lingua italiana.
Ma no, non sono stranieri, si tratta di emigranti.
Per questa serata si parlerà e ci si concentrerà sul tema del viaggiare per cambiare, per cercare, per esprimere e trovare una propria identità.
Emigranti. O Migranti.
E allora, “una storia, quattro storie…quattro storie, una storia”, lo spettacolo teatrale ideato, scritto e interpretato da Adriano Rizzo, all’interno del progetto IL SIGILLO. (Redazione: Gianluca Bocchinfuso, Giulio Campiglio, Antonella Doria, Pancrazio Luisi, Massimo Rizza, Adriano Rizzo, Lelio Scanavini).
“Una storia che respira ogni giorno, attingendo dolorosamente la sua aria nello scrigno di molte mancanze”, una storia che trova spazio su un palcoscenico, in mezzo ad immagini, a luci, a libri. A pensieri e sogni di chi racconta e fa viaggiare con la parola della voce narrante.
Lo spettacolo ruota attorno ad esperienze reali e a sentimenti vissuti che vengono acchiappati in un libro e in disegni.
Tre i libri d’artista: ANESTESIA; TABACCO; EMIGRANTE. E tre poesie in essi contenute.
Il viaggio del racconto è iniziato e si parte con una partenza.
La partenza di Salvatore che decide di abbandonare la sua terra d’origine, il Sud d’Italia, per avviarsi nella Nuova York.
Siamo nel 1908, mercoledì 27 maggio.
Lontano da casa inizia per Salvatore una nuova vita.
Diversa, difficile.
Una vita che gli impone di scrivere per imprimere i suoi sentimenti.
E allora una poesia.
Lo spettatore deve riflettere sui versi letti, attento su quanto detto e assorto su quanto sentito.
Poi si viaggia ancora. Nel tempo, nello spazio.
Siamo nel 1955, lunedì 26 agosto.
“Lui parte negli anni ’50. L’elettrificazione delle linee ferroviarie italiane risale agli inizi del secolo scorso, agli inizi del ‘900, questo ovviamente solo per l’Italia che conta, l’Italia del Nord. Salvatore invece negli anni ’50, nel lunghissimo tratto ferroviario Lecce-Bari, si scontra ancora con il binario unico per entrambe le direzioni e la trazione a carbone.” Salvatore farà parte del Metodo Ford, arriverà a Torino. E vi troverà la meccanizzazione di gesti ripetuti. Anche qui, è alla ricerca di un Sigillo, quello che gli darà certezze. Identità.
Il viaggiatore continua, non si ferma. Non può farlo, deve cercare qualcosa.
Ma nel 1998 Salvatore ormai sa tante cose, ha imparato molto. Il viaggio gli ha consegnato diverse consapevolezze, lo ha nutrito. Nonostante ciò, deve ancora viaggiare perché la sua vita è fatta di scelte.
Deve andarsene, scegliere di andare, per non continuare là, nel Sud, dove avrebbe dovuto raccogliere pomodori ed essere scelto per farlo. No ma lui vuole scegliere per sé. E allora va a Milano.
“Salvatore scrive, e capisce che la sua identità è multipla; è fatta di dialetto, lingua comune alla sua origine, e italiano, lingua comune alla sua attualità. Salvatore scrive il SIGILLO che certifica definitivamente la sua condizione, quello che è stato e quello che adeso è. Scrive un inno all’EMIGRANTE in perenne ricerca del significato della parola casa”.
Come non arrivare al giorno corrente, a martedì 10 giugno 2014? Qualcosa è cambiato, forse, in Salvatore.
Lo spettacolo nasce in seguito alla partecipazione ad una iniziativa, promossa dalla Comunità Europea, dal titolo (S)OGGETTI MIGRANTI: DIETRO LE COSE LE PERSONE, parte integrante del progetto READ-ME 2 – Réseau européen des Associations de Diasporas & Musées d’Ethnographie, realizzato dal Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini di Roma, in qualità di istituto capofila, in partenariato con il Musée Royal de l’Afrique Centrale di Tervuren (Bruxelles), il Musée du Quai Branly di Parigi, il Museum Fur Volkerkunde di Vienna in collaborazione con le associazioni della Diaspora di Italia, Belgio, Francia e Austria.
Nadia Merica Formetini e Adriano Rizzo si sono uniti in una partecipazione e collaborazione che ha dato vita al progetto Bouquet di Puglia che sintetizza una parte espositiva e un’altra performativa (come prevedeva il bando di concorso).
Dunque, disegni, acqueforti e tecniche miste di Nadia e poesie e performance di Andrea in uno spettacolo che può sentirsi completo solo in accompagnamento alle riflessioni dello spettatore scaturite dalle parole e dai silenzi pieni.