Le donne che amano i propri aguzzini. Le relazioni distorte tra vittima e carnefice si sviluppano per sopravvivenza?
Storie di donne che perdonano e continuano ad amare i loro carnefici.
Donne abusate, picchiate, maltrattare, uccise per volontà di qualcun altro. La loro vita appesa ad un filo, quello del loro carnefice che si fa strada con cura solo per colpire, ferire, distruggere. Le percosse, le minacce, gli abusi ricevuti spesso non sono sufficienti per allontanare la vittima da colui che la maltratta, infatti, la relazione d’affetto, d’amore può continuare. Nonostante le varie atrocità subite, la donna solitamente tende a giustificare le violenze compiute in famiglia a suo discapito, sviluppando un senso di colpa. Quest’ultimo paradossalmente irrobustisce il legame con l’aguzzino al punto tale da convincersi che tutto ciò che accade di negativo è da imputare a se stessa.
Per quale ragione allora, tali relazioni distorte, si sviluppano e si rafforzano nei contesti familiari o extrafamiliari? Tali rapporti esistono e si consolidano per un meccanismo di sopravvivenza: la vittima percepisce che la sua vita è legata all’aguzzino. In principio quello che si prova è confusione, paura per la situazione creatasi, ma successivamente dopo questo stato iniziale, la vittima percepisce che la propria sopravvivenza è nelle mani del suo molestatore, tanto da elaborare a livello inconscio, per evitare la morte e altri soprusi, sentimenti di affetto e di amore. Questo meccanismo psicologico apre le porte verso la comprensione delle motivazioni che inducono alla violenza e alla tolleranza di situazioni incresciose.
Per mezzo di meccanismi di difesa la donna è capace di eliminare anche la rabbia, l’odio verso l’aguzzino, in quanto il suo scopo è sopravvivere; così facendo quest’ultimo ricevendo feedback positivi dalla vittima si sente legittimato a continuare con i maltrattamenti pur apportando maggiore rassicurazione verso la sua sopravvivenza. Gli ultimi dati Istat del 2014 pubblicati al 05/06/2015 relativi ai maltrattamenti e violenze sessuali sulle donne, evidenziano che “ 6 milioni 788 mila donne hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni: il 20,2% ha subìto violenza fisica, il 21% violenza sessuale, il 5,4% forme più gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri. Inoltre, “Emergono importanti segnali di miglioramento rispetto all'indagine precedente: negli ultimi 5 anni in Italia, le violenze fisiche o sessuali sono passate dal 13,3% all'11,3%, rispetto ai 5 anni precedenti il 2006.
Ciò è frutto di una maggiore informazione, del lavoro sul campo, ma soprattutto di una migliore capacità delle donne di prevenire e combattere il fenomeno e di un clima sociale di maggiore condanna della violenza”. In situazioni in cui la vittima prova sentimenti d’amore, d’affetto verso l’abusante giustificandolo e apportando opinioni e sentimenti positivi su di esso, quello che spesso si innesca è la cosiddetta “sindrome di Stoccolma”. Tale sindrome evidenzia come pur in presenza di violenze, rapimenti, abusi sulle vittime queste siano capaci di mostrare atteggiamenti e sentimenti positivi sull’aggressore, supportando le ragioni di chi abusa e sentimenti negativi verso il contesto esterno rappresentato da parenti, amici, istituzioni che cercano di sostenere psicologicamente e fattivamente la vittima al fine di ottenerne un allontanamento o rilascio.
Pur essendo in aumento gli abusi sulle donne è bene specificare che, la sindrome di Stoccolma non si riscontra in tutti i casi di violenze, ma permane nelle personalità destrutturate, insicure, poco decise. Tuttavia, le storie di donne che perdonano e continuano ad amare i loro carnefici in Italia sono elevatissime, nonostante il nostro sistema giudiziario si stia attivando per tutelare le donne contro i maltrattamenti fisici e psicologici con leggi studiate ad hoc e l’istituzionalizzazione di centri antiviolenza. Eppure il cammino è ancora molto lungo poiché oltre alle violenze, sono in netto aumento i femminicidi in Italia e nel mondo: la donna è considerata come un oggetto, una proprietà, in una realtà ancora molto maschilista in cui non si accetta l’emancipazione e la libertà della donna stessa. La violenza perpetrata ai danni delle donne è sintomo di potere, di controllo, di dominio dell’uomo incapace di instaurare un rapporto sano, fatto di confronto e condivisione. Attualmente nel territorio italiano si aprono le strade verso un lavoro funzionale, relativo la possibilità di comprendere quali manifestazioni di violenza si effettuano a danno delle donne e in che modo si manifestano, al fine di mettere in campo strumenti di contrasto e prevenzione sostenibili nel tempo, il cui obiettivo è creare un cambiamento radicale positivo nella cultura italiana.
Dott.ssa Rossana De Crescenzo Psicologa del Lavoro, Formatrice Professionale, Orientatrice Scolastica e Professionale, esperta in Psicopatologia Forense, amministratrice del sito di consulenza on line www.psychojob.com