Il terrore continua a spargere i suoi semi ovunque. La paura, l’incubo di essere colpiti ancora e ancora, continua. Teatri, luoghi di culto, di preghiera, metropolitane, strade, sono il bersaglio ottimale per l’Isis. La psicosi tra le popolazioni cresce, si innalzano i livelli di sicurezza negli Stati; intanto i terroristi riescono a devastare uccidendo, famiglie, uomini, donne, bambini. Queste morti non hanno età, volti e corpi dilaniati, frantumati, tumefatti per il volere di un gruppo fanatico religioso, che inneggia la morte sulla vita. Nessun Dio vorrebbe il trionfo del lato più oscuro dell’uomo, della crudeltà, dell’odio, della cattiveria. La disumanizzazione è come un virus, può insidiarsi in tutti. Si parla del fatto che tale organizzazione, sia per alcuni soggetti estremamente fascinosa, al punto da riuscire a plasmare le menti, a manipolare a far emergere il peggio del peggio di quello che si possa aspettare.Il tempo passa attraverso mesi di preparazione psicologica e fisica, ad un attacco terroristico. Addestramenti sfiancanti e rigidi sono effettuati per predisporre i futuri attentati. Farsi esplodere non è l’unico metodo utilizzato per creare le morti in massa. L’importante è raggiungere l’obiettivo: uccidere. Dai media abbiamo appreso chi fossero le vittime colpite neglii attentati; in contemporanea l’informazione ha riguardato anche gli attentatori, per comprendere le loro inclinazioni sociali, la radicalizzazione a l’Isis e i motivi, che li hanno indotti ad incrementare il rancore e l’odio verso il prossimo. Quali sono le personalità di questi terroristi?A differenza di quello che si possa pensare, nella maggior parte dei casi degli atti terroristici compiuti, tali individui non risultano essere dei reietti della società, ma persone che si sono insidiate nelle città e nei paesi dando una parvenza di “normalità”: uomini tra tanti, nel mondo occidentale. Quello che confonde allora è proprio questo, ovvero la normalità condotta nelle azioni quotidiane, di tutti i giorni. Alcuni di essi, inoltre, mantenevano i rapporti con il califfato e si avvalevano dell’aiuto di altri collaboratori posti in loco, ai quali veniva affidato un compito essenziale: supervisionare il “progetto attentato” e aspettare istruzioni dall’alto. Una minoranza dei terroristi è rappresentata da persone che volontariamente o involontariamente sono “fuori “ dall’integrazione sociale per cui, per essi è risultato facile covare sentimenti di odio e rancore verso il “mondo occidentale”. Ciò che risulta incredibile è constatare che, una buona fetta degli individui che ha compiuto un attentato, prima di addentrarsi nell’Isis, soffrisse di depressione, avesse tentato il suicidio e si considerasse lontano dai canoni della società, ma soprattutto, non fosse un religioso islamico praticante.Lasciare il proprio paese e la propria famiglia, sembrava essere un obiettivo per cambiare vita, comune a molte persone. L’instabilità economica e sociale quindi, ha tracciato il percorso verso una organizzazione che finalmente gli avrebbe accettati nella totalità: con i loro difetti, i vuoti interiori, disturbi sociali e di personalità. Non si tratta solo di “squilibrati” o di “sociopatici”, ma di persone che hanno trovato nell’Isis una comprensione al loro modo di essere, alla loro personalità, caratterizzata o meno da patologie. L’Isis allora, diventa uno strumento, purtroppo sbagliato, per dimostrare al mondo chi sono. Nel paradosso di essere sostenuti e accettati da una organizzazione terroristica, in realtà, si scopre scavando nelle loro vite, che essi fossero stati, già dal principio attratti dalla morte, attraverso varie manifestazioni, ad esempio, i tentativi di suicidio reiterati. Allora, trasferire l’aggressività interna verso l’esterno è come se fosse risultato propiziatorio, a tal punto da credere che uccidere gli “infedeli” a sostegno dell’ Isis, li portasse al compimento di un’opera giusta per se stessi e per altri. La manipolazione condotta su queste menti fragili ed insicure, ha creato una macchina da guerra, in cui i sentimenti di amore, empatia, misericordia, perdono, fratellanza, decadono e vengono sostituiti da l’odio verso l’altro e dalla morte. Tali soggetti plasmati, non sono solo pericolosi, ma rappresentano la punta dell’icerberg, di quello che in massa può essere definito “l’inferno in terra”, poiché, ad essi si sostituiranno per emulazione altri, con odio e cattiveria ancora più esasperata. La conquista del terrore nella normalità della vita è l’obiettivo a cui le organizzazioni terroristiche ambiscono, poiché, influenzare i pensieri in condizioni di alta criticità è più facile; allo stesso modo seminare morte, diventa il risvolto della medaglia di una società disumanizzata e indifferente all’amore.
Dott.ssa Rossana De Crescenzo Psicologa del Lavoro, Formatrice Professionale, Orientatrice Scolastica e Professionale, esperta in Psicopatologia Forense, amministratrice del sito di consulenza on line www.psychojob.com ; www.tooup.com ; www.eating.bio