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I matrimoni tra consanguinei sono possibili in Italia?

L’individuazione di rischi legati alla salute dell’individuo

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I matrimoni tra consanguinei risultano essere una pratica molto diffusa in quei Paesi dove l’unione dei singoli individui rappresenta il rafforzamento dell’unione delle famiglie. In Italia tale unione è espressa nella forma massima con il riconoscimento della legge italiana del “matrimonio tra cugini”. In particolare, esistono dei limiti al diritto di sposarsi nei casi di parentela, affinità o adozione. Il matrimonio tra cugini, pur essendo permesso dallo Stato, in realtà non è riconosciuto dalla legge cattolica. Affinché il matrimonio venga accettato e riconosciuto dalla Chiesa Cattolica è necessario che sia richiesta una esplicita autorizzazione, secondo le regole della procedura canonica. La dispensa canonica o autorizzazione al matrimonio nei casi di consanguineità non sempre viene rilasciata, infatti essa non può essere ottenuta in situazioni in cui vogliano unirsi genitori e figli; nonni e nipoti; fratelli e sorelle; adottante e adottato; figli adottivi della stessa persona; adottato e figli del genitore adottivo; adottato e fratelli e sorelle della famiglia di origine. Alla presentazione della richiesta della dispensa canonica, il tribunale decide con decreto motivato, valutando le ragioni dei richiedenti. Dal punto di vista psicosociale il matrimonio tra consanguinei viene concepito per le culture occidentali come un tabù. I motivi psicologici e clinici a supporto sono numerosi. Basti pensare che oltre alla censura sociale, i matrimoni tra consanguinei sono rifiutati nelle relazioni quotidiane in quanto, uno dei motivi che porta a rafforzare la solidarietà sociale, è dato dall’incoraggiamento alle relazioni esterne. Dai tempi antichi il matrimonio è concepito per numerose culture, non come un mero “riconoscimento dell’amore tra un individuo e l’altro”, ma piuttosto come una alleanza funzionale tra famiglie diverse. Inoltre, al fine di abbattere la rivalità tra i capi famiglia si è pensato bene di spostare la propria attenzione e attrazione sessuale verso i membri di famiglie distinte dalle proprie, garantendo i ruoli patriarcali. Giungendo ai tempi moderni, l’istinto di sopravvivenza, conservazione ed evoluzione dei geni, porta l’individuo a riflessioni cliniche e mediche importanti ed  essenziali sul matrimonio tra consanguinei. In un ottica clinica, infatti, queste unioni sono portatrici di gravi  malattie ereditarie, quali malformazioni anatomiche e patologie mentali. Questo significa che in alcune famiglie in particolare, determinate malattie si manifestano così frequentemente, da essere reputate come facente parti di “caratteri ereditari dominanti”. La prole generata tra consanguinei è predisposta maggiormente, rispetto ad unioni tra non consanguinei, ad anomalie genetiche. Ad esempio il matrimonio tra cugini di primo grado raddoppia il rischio di mettere al mondo figli con sindrome di Down e vari difetti polmonari e cardiaci. In medio oriente il fenomeno delle unioni tra consanguinei è rinomato ed affiancato alla discriminazione genetica in cui si vuole evitare la scoperta di essere portatori di qualche patologia. L’unico modo per comprendere l’incidenza di malattie ereditarie soprattutto tra consanguinei si ripone nella scienza e medicina, vale a dire affidandosi allo studio genetico dell’albero genealogico, attraverso il quale si può stabilire se entrambi i genitori sono portatori di tali malattie pur essendo soggetti sani.

Dott.ssa Rossana De Crescenzo  Psicologa del Lavoro, Formatrice Professionale, Orientatrice Scolastica e Professionale, esperta in Psicopatologia Forense, amministratrice del sito di consulenza on line www.psychojob.com ; www.tooup.com ; www.eating.bio

 

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