BIOGRAFIA
Alessandro Zannini, giornalista e scrittore, pubblica giovanissimo una raccolta di poesie: Sera e dintorni. Nel 1982, mentre presta servizio come Ufficiale dell’Esercito, con la monografia Storia della fanteria, si aggiudica il premio internazionale “Gen. Mario Rossi”. Il primo romanzo, Sulle ali di un gabbiano (Società editrice napoletana), scritto all’età di sedici anni, riscuote un immediato successo e viene ristampato dall’editore Marotta. Tra i numerosi riconoscimenti, il premio “Città di Atella”- Opera prima. Nel 1990, il romanzo viene premiato alla XIV edizione del concorso letterario “Minturnae – P. Fedele” e al Premio nazionale letterario stabile “N. Stefanelli”. Nel 1993, la Ibiskos Editrice pubblica Fiori sulla corrida, con la prefazione dello scrittore Mimì Rea. Presentato al Salone del Libro di Torino nel 1994, è stato “adottato” dall’Acadèmie Des Inscriptions Et Belles-Lettres di Parigi, dall’Istituto Italiano di Cultura in Spagna, in Francia e in Portogallo. Nel 1997, con i titoli Guida Editore, viene dato alle stampe Il pozzo di Sichem, romanzo che riceve numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Letterario Nazionale “Santa Margherita Ligure” -23° edizione, e il Premio Speciale alla XII edizione del “Premio Procida, Isola di Arturo – Elsa Morante”, presidente di giuria Dacia Maraini. Nel 1999, il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri gli conferisce il “Premio della Cultura 1999”, per la “Pregevole attività svolta nel settore della Narrativa”.
Nel 2006 esordisce come autore di racconti con Parlami, Graus editore, una raccolta di dieci storie accomunate dal medesimo tema: la solitudine. Parlami è alla 4° edizione. Uno dei racconti, “Il giardino reale”, è stato premiato alla II Edizione della “Biennale Internazionale di Poesia e Narrativa – Giano Vetusto”, al concorso Internazionale “Tèm Romanò” – Presidenza della Repubblica. Nel 2014 il romanzo L’amante di Cristo.
PRESENTAZIONE
Mescolanza di realtà e fantasia, elaborata su diversi episodi realmente accaduti, svoltasi in luoghi esistenti, e i cui personaggi principali rimandano a figure verosimili, l'intera storia è completamente frutto di personale immaginazione. Indiscutibilmente vera è la forza morale di Monsignor Raffaele Nogaro, attuale vescovo emerito di Caserta, Pastore degli umili, degli emarginati, dei bisognosi di cibo e cittadinanza, degli scarti d'umanità, privati di opportunità e diritti, non tutelati, vittime di ogni forma d'ingiustizia.
Il magistero di questo umile interprete e apostolo del Vangelo ha sovente suscitato scandalo in gran parte della gerarchia ecclesiastica, protesa a vivere l'uomo anziché Gesù. Con Papa Francesco, dopo circa duemila anni, Nogaro finalmente riconosce la sua Chiesa, non temporale ma cristiana, non ricca ma povera, non autoreferenziale, ma di frontiera!
Degno servo di Dio anche come uomo: schivo, riservato, padre Nogaro ha cercato, in tutti i modi, d'impedire questa trasposizione letteraria della sua vicenda umana e di quella pastorale, arrendendosi solo dinanzi alla mia ostinazione.
Inutili saranno pertanto i tentativi di quanti proveranno, in maniera culturalmente indecorosa, a trovare nelle prossime pagine spunti per sviluppare aride polemiche, strumentali controversie.
Si legga "L'amante di Cristo" semplicemente per quello che è: un romanzo.
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Buona lettura...
L'AMANTE DI CRISTO
I Capitolo
"Hai letto i giornali? Hai saputo?". Annalisa non stava nella pelle, la notizia l'aveva sconvolta. Con le lacrime che le scendevano copiose e inarrestabili lungo le gote olivastre, aveva telefonato di prima mattina ad Angela, amica più che collega. Il sabato è solitamente giornata meno impegnativa e al Centro attività pastorali della curia, fino a quel momento, non ancora era venuto nessuno con cui poter parlare, chiedere ragguagli, qualche ulteriore dettaglio. E Annalisa non poteva attendere oltre, doveva sapere, conoscere la verità, sfogarsi. "Ma no, vedrai, le solite panzane di quei pennivendoli", cercò di rassicurarla la voce dall'altro capo del filo. "Ne discutiamo da vicino, stavo giusto per scendere, ci vediamo fra poco". Nell'attesa, la giovane signora, dimentica dei suoi compiti d'ufficio, rilesse ancora l'articolo, una due tre volte, e sempre ritornando su quel titolo di prima pagina a tre colonne che per lei aveva un chiaro sapore blasfemo: "Nogaro trasferito". Per la verità, già nei giorni precedenti, delle voci avevano anticipato l'ipotesi di destinazione ad altra diocesi del vescovo di Caserta.
La riservata era stata riportata su alcuni organi di informazione con ostentata soddisfazione da qualche giornalista che da tempo l'attendeva, e poi propalata in tutta la città da coloro che da diversi mesi ordivano affinchè si giungesse a quella soluzione. Ma l'anticipazione, di converso, aveva suscitato allarme e vivissima preoccupazione tra i fedeli, e non solo nel capoluogo di Terra di Lavoro. Nel commenti popolari, a caldo, era serpeggiata una punta di sconsolata rassegnazione: "Così vanno le cose di questo mondo: il male riesce sempre ad avere la meglio!" Rassegnazione, già. Triste e pericoloso è tale sentimento, perchè non sempre coincide con la forza morale di accogliere e sopportare i pesi e le amarezze; non è un deposito di ricchezza, una banca da tenere aperta, ma spesso, invece, significa accettazione passiva della propria sorte e destino o, peggio, della prepotenza altrui, senza avere il coraggio nè la volontà di contrastarla; nulla ogni spinta all'affrancazione e al riscatto. E' il solito movimento, tutto cristiano, in seguito al quale Giobbe dovrebbe offrirsi come vittima in una specie di espiazione per le colpe stesse che non ha commesso: l'innocente soffrirà per tutti, il giusto conoscerà la Croce. Fatalmente, ecco allora che la rassegnazione si trasforma in subalternità e questa assume le vesti di un ente metafisico che appare indistruttibile; la sottomissione annulla sul nascere ogni formulazione di individualità civica, politica, ogni identità culturale.
Di fronte ad essa non resta altro che dimissionare la propria coscienza e la propria libertà. "Lo sai che senza di lui non siamo più nulla?", sentenziò Annalisa non appena vide Angela entrare nella stanza. "Hai letto?", ripetè e un'espressione tra l'incredulo e il disgustato le si dipinse sulla faccia. "Si", e mostrò a prova il quotidiano traendolo dalla capiente borsa. Angela indossava una camicetta bianca e una gonna di colore rosa; aveva un volo biondo di capelli sul mare azzurro degli occhi. Fino a quella mattina era stata aperta e gaia, amica di tutti; poi, conobbe l'astio, un sentimento assoluto e completo. "Oramai non siamo una strada nè un sentiero, un treno o un millepiedi, non siamo coperta e neppure un prato in fiore, non ci sarà più giorno e mi chiedo se ci sarà un domani". Tonda, con le guance gonfie, due pupille nerissime tra ciglie nerissime, Annalisa aveva una grande predilezione: la poesia francese, il suo mito Paul Verlaine. Solitamente chiosava gli avvenimenti di una certa rilevanza, sia personali sia sociali, declamando versi improvvisati; nonostante tale passione, tuttavia, non aveva mai scritto una lirica. Era solita ridere di gusto e con facilità, prendeva la vita spensieratamente, ma si spaventava per un nonnulla. Aveva sempre un riflesso divertito negli occhi per le persone che la circondavano. Quando sorrideva le venivano le fossette, quella mattina non si formarono. "Dai, adesso non esagerare, non è mica morto! E poi vedrai, è solo una montatura di questi squallidi giornali che vivono di pettegolezzi e sguazzano nella melma. Purtroppo questa è la stampa che abbiamo, e ce la meritiamo", cercò Angela di sdrammatizzare la rabbia dell'amica.
Ma il tentativo non sortì effetto alcuno e, proprio come se non ci fosse stato pronunciato, Annalisa riprese la sua giaculatoria e a rosicchiarsi le unghie già completamente smarginate. "Non siamo fòndaco nè comunità, non il chiarore del sole e neppure il buio di un angolo fosco, tantomeno un sasso scagliato contro una cappa di vetro o in un mare in tempesta. Abbiamo perso tutto". Un senso di cupa angoscia pervadeva il suo cuore: si sentiva ingannata. Le folte sopracciglia, accuratamente depilate, formavano due regolari archi di uno scuro più intenso del solito, mentre la collera le torceva il viso carnoso. Da una delle grandi finestre, frattanto, una luce forte e impudente filtrava con una certa arroganza nel piccolo vano, con qualcosa di innaturale, quasi violenta, come se avesse il compito di ridare luminosità a qualcosa di opaco che aveva accompagnato la nascita di quel giorno, giorno che pareva essere sorto davvero all'insegna della negatività. E che non sarebbe stata una bella mattinata, ben presto se ne rese conto anche suor Maria Cristina, donna piccola e rotondetta, materna, che aveva dedicato un'intera esistenza ad volontariato.
Al primo impatto appariva sempre oltremisura seria, simile a un'insegnante d'altri tempi alle prese con una classe di discoli, ma appena un minuto dopo tutta la sua allegria e semplicità diventava prorompente e visibile come un oceano. "Gesù Gesù, ma che dite, Madonna mia bella, Vergine santa immacolata", e anche lei cercò la pagina che doveva suffragare la sua incredulità. "Gesù Gesù", commentava ad ogni rigo, e poi invocava la madre di Cristo a testimone di un evento che riteneva inaudito. Era sbalordita, cosa del tutto naturale di fronte a quella probabilità. "Avete visto, cara sorella? Tanto hanno fatto che ci sono riusciti", commentò Annalisa completamente avvolta in una voluta di fumo. "Ma come può un essere umano nutrire tanto odio per un suo fratello?", prese a chiedere la religiosa e sembrò farsi ancora più minuta. Non trovarono risposta le due amiche. La domanda, più che a loro, sarebbe stato opportuno rivolgerla soprattutto a chi conosce molto bene il grigiore dell'anima che alberga in molti uomini. E a Caserta, così come a Roma, era stata volentieri intentata una pervicace opera di mistificazione del pensiero e delle iniziative di Nogaro, riducendo il valore della sua testimonianza di fede ad azione meramente politica. "L'avevano promesso e hanno mantenuto. Signore, perdonali!", e si fece il segno della croce, una due più volte in rapida successione.
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"L'AMANTE DI CRISTO" di Alessandro Zannini - Grauseditore - Tracce -
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Caro Lettore, arrivederci al prossimo appuntamento letterario.