BIOGRAFIA AUTORE
Gianni Scudieri è nato a San Giuseppe Vesuviano, in provincia di Napoli, nel 1956.
Dal 1976 al 1978 ha condotto un seguitissimo programma radiofonico, «Rock On», in una delle prime radio libere d’Italia, “Radio Onda Vesuviana”.
Negli anni Settanta ha fatto parte di diversi gruppi musicali, scrivendo anche testi di canzoni. Nel 1980 ha conseguito la laurea in Lingue e Letterature Straniere e ha insegnato per alcuni anni nelle scuole superiori, tenendo corsi anche all’Università di Napoli.
Giornalista pubblicista dal 1992, specializzato in critica musicale e culturale, attualmente lavora, con mansioni dirigenziali, presso il comune di San Giuseppe Vesuviano, città in cui vive. Sposato, ha due figli, Vincenzo e Giuliano. Per tutti è ancora Rock-On.
PRESENTAZIONE
Quando la sua vita sembra prendere una piega che non desidera, fatta di odiosa routine, accanto a una donna con cui non va più d’accordo e un lavoro che non ama, Francesco Normanno corre al riparo guardando indietro, lasciandosi coccolare, nutrire e divertire da un passato ancora pieno di speranze e sogni.
Attraverso i suoi ricordi parte un viaggio in musica, attraverso protagonisti indimenticabili e indimenticati: Bob Dylan e i Beatles, i Rolling Stones e i Led Zeppelin, Jimi Hendrix e gli Area, passando per Lucio Battisti, Fabrizio De André e Franco Battiato, fino ad arrivare ai Queen e agli U2.
Come in un refrain proustiano, attorno a lui rivivono vecchie fiamme e lotte politiche, governi rossi e neri, la beat generation e le bandiere sotto i cui colori sdoganare la propria dissidenza e il proprio grido di emancipazione.
Una musica che lega mondi apparentemente lontani come l’amore, la passione politica, l’amicizia. In un juke-box dell’esistenza che tarderà a farsi scordare.
Buona Lettura...
IO E IL ROCK
CAPITOLO PRIMO
Francesco Normanno tornò a casa verso le 19.00, dopo una giornata di lavoro. Aprì la porta, entrò nella stanza dei figli e gettò nervosamente le chiavi sulla scrivania. Non c’era niente che andasse bene negli ultimi tempi: i litigi con la moglie erano molto frequenti e molto violenti; il lavoro neanche a parlarne: gli sembrava di vivere in quel vecchio racconto di Edgar Allan Poe, (The system of) Doctor Tarr and Professor Fether, in cui i pazzi si erano sostituiti ai medici! Non si era mai sentito chissà chi, anche se molti avevano mostrato di apprezzare le sue doti di dirigente dello Stato. C’era stato un periodo molto prolungato in cui aveva avuto il potere di gestire situazioni di grande interesse culturale e sociale; poi la fortuna gli si era rivoltata contro ed era iniziata la sua parabola discendente. Il mondo, pensava, girava alla rovescia e cresceva il suo astio verso i colleghi più fortunati di lui. Adesso non gestiva quasi più niente; era, ormai, solo uno squallido e anonimo burocrate! Possibile che nella vita «trionfano gli imbecilli» come ebbe a dire Montale in occasione dell’assegnazione del premio Nobel per la letteratura? Lui si stava chiedendo il perché di tutto questo senza trovare sfogo alle sue domande. Ma forse la risposta poteva essere una sola: aveva sbagliato mestiere! D’altra parte come poteva uno che in gioventù aveva partecipato a tutti i grossi raduni rock, ascoltato tutti i gruppi e i cantanti e musicisti più famosi, fondato la terza radio privata in Italia a soli vent’anni, diventare un funzionario dello Stato? Se lo stava chiedendo con lo sguardo fisso e triste sulla copertina di un vecchio long playing di frank Zappa, Freak out, dell’anno di grazia 1966!
Francesco Normanno si sentiva l’ultimo dei fessi; gli sembrava come se il mondo lo avesse schiacciato, come se nessuno avesse il benché minimo interesse verso di lui; aveva la sensazione di essere completamente solo sulla faccia della terra, senza moglie, senza figli, senza amici! Appena libero dal lavoro si recava nei quartieri più squallidi di Napoli a girovagare; ultimamente bazzicava nella zona di Porta Capuana dove un parcheggiatore abusivo, che ormai lo conosceva bene, gli trovava sempre il posto per l’auto. Da Porta Capuana dove non disdegnava di farsi qualche posteggia tra la marea femminile ucraina e nordafricana, andava poi a piedi verso la Duchesca o Piazza Garibaldi a prendere qualche cd o qualche film sulle bancarelle. Scivolava sempre più in basso, aveva ormai toccato il fondo! Si sentiva completamente inutile: guardava gli stranieri ubriachi e le prostitute della zona che, almeno, avevano una funzione o anche una utilità sociale mentre lui… a chi può servire un burocrate cinquantenne e, per giunta, senza più nessun entusiasmo e voglia di vivere? Pensava a quella che era stata la sua vita, ci pensava tanto e, spesso, aveva la sensazione di aver già vissuto il futuro. Si sentiva l’eroe de Il curioso caso di Benjamin Button di Francis Scott Fitzgerald in cui il protagonista vive prima il futuro e poi il passato, passando dalla vecchiaia alla giovinezza, vecchio nel grembo materno e poi lattante ottantenne alla sua morte. Ma qui non si trattava solo di un personaggio fisico. Il passato, con tutti gli avvenimenti accaduti, dalla nascita del rock’n’roll fino alla fine degli anni Settanta del ventesimo secolo, con tutte le sue speranze e innovazioni, era il futuro, mentre il presente non poteva rappresentare altro che quello che normalmente ogni essere umano vuole buttarsi dietro le spalle e dimenticare presto!
Ma che senso può avere vivere il presente come se fosse già passato? Nessun senso, appunto. A francesco Normanno, alla luce di tutte queste considerazioni, veniva persino il dubbio di esistere veramente. Eh sì, perché se uno non vive il presente, allora non esiste! D’altra parte la sua era sempre stata una corsa alla scoperta di tutto quello che doveva succedere! Aveva sempre avuto fretta di vivere, di fare tutto e subito, di bruciare le tappe, di attraversare la sua vita e di arrivare alla fine dell’esistenza il più in fretta possibile. Francesco Normanno non se ne rendeva conto ma era stato il vero simbolo della beat generation e il vero fratello che James Dean avrebbe voluto avere e, probabilmente, la sua reincarnazione! Quello che vedeva allo specchio era un uomo in giacca e cravatta, con i capelli corti, il classico uomo dal vestito grigio interpretato da Gregory Peck in un vecchio film degli anni cinquanta; grigio era il vestito e grigi erano i capelli, grigia anche la sua vita. A guardare meglio, però, si intravedeva, in un’immagine quasi sovrapposta, un ragazzo dai capelli lunghi e castani con una camicia blu aperta sul petto e con un medaglione con l’effigie di Robert Plant, il leader dei Led Zeppelin, il gruppo che Francesco aveva amato di più nella sua vita; Plant aveva i capelli lunghi come lui, biondissimi però, come può averli solo un anglosassone.
E la mente cominciò a vagare e attraversò un periodo lungo quarant’anni fino a fermarsi in un giorno d’estate, il 5 luglio del 1971. I Led Zeppelin sono a Milano e si esibiscono al velodromo “Vigorelli” ospiti di una tappa del «Cantagiro », all’epoca manifestazione canora italiana di grosso richiamo. Francesco Normanno ha solo quindici anni ed è lì ad aspettare che il più grande gruppo dell’intera storia del rock cominci a suonare. È partito il giorno prima con un amico ed è arrivato a Milano in autostop perché i soldi del treno proprio non li aveva. Si sa come andò a finire quella kermesse! Una ressa incredibile al punto che la polizia caricò e lanciò lacrimogeni. I Led Zeppelin iniziarono il concerto in serata, quasi alle 23.00, con notevole ritardo e dopo che si erano esibiti diversi artisti italiani come Bobby Solo; tra il marasma generale riuscirono a eseguire pochi pezzi, il primo fu Immigrant song dal loro terzo album del 1970. Ma tanto bastò a francesco perché quella musica travolgente, inebriante, durissima come solo il rock può essere e penetrante come solo il blues sa fare, gli entrò nella testa e nell’anima e fu la colonna sonora della sua vita!
Anni dopo, nel 1976, in occasione della fondazione della sua radio privata, Francesco Normanno usò come sigla del suo programma rock, chiamato «Rock-up», proprio Immigrant song con un successo travolgente. Ma di questo parleremo successivamente. L’uomo in grigio era ancora allo specchio, immerso completamente nel suo viaggio verso il passato, quando il cellulare squillò. Era un suo collaboratore che gli ricordava della riunione di lavoro del giorno dopo. Già, l’incontro del giorno dopo, con tante altre persone grigie fin dentro l’anima a parlare di… non sapeva più che cosa, con un linguaggio asettico, privo di emozioni, stanco e senza speranza! Quanti secoli erano passati dalla sua adolescenza, quanti secoli da quella mattina di ottobre del 1963 quando lui, grembiule blu e capelli corti, leggermente lucidi per un po’ di brillantina, si recava a scuola, classe seconda elementare? E mentre quasi correva perché, come sempre in ritardo, a un tratto qualcosa che non aveva mai sentito destò la sua attenzione di bambino: una radio trasmetteva una canzone dal ritornello travolgente, incredibile, ed estremamente coinvolgente.
Si trattava di She loves you. L’incontro di Francesco Normanno con i Beatles e con la musica rock cominciò così! La musica, le canzoni, probabilmente rappresentano il principale veicolo di penetrazione negli angoli talvolta dimenticati e vuoti della nostra esistenza. Come reminescenze quasi proustiane un ritornello, una frase, a volte una semplice parola, ci riportano a situazioni vissute tanto tempo fa che sembrava avessimo completamente dimenticato. La canzone del sole, ad esempio, di Lucio Battisti, faceva ricordare a Francesco Normanno il momento in cui, seduto vicino al juke-box di un bar presso la sua scuola, pensava a quella ragazza, Cristina, di cui si era innamorato non corrisposto. Anche allora era disperato, di una disperazione diversa da quella che provava adesso, ma comunque lancinante. Adesso sorridiamo, magari, pensando alle nostre emozioni adolescenziali, ma in quei momenti sembrava che la vita ci sfuggisse di mano, che il nostro interesse in essa fosse definitivamente tramontato. E tutto per una delusione d’amore! Ma l’amore ci fa vivere, ci dà delle fortissime emozioni; la routine invece può solo uccidere qualsivoglia sentimento! Le canzoni di Lucio Battisti avevano accompagnato Francesco per tutta la sua vita. Gli avevano sempre provocato dentro sensazioni bellissime. E come poteva essere diversamente trattandosi di un artista sublime le cui composizioni, unite alla parola del grande Mogol, hanno prodotto risultati straordinari e incomparabili? Musica che diventa poesia assoluta! Del resto Il
mio canto libero, opera uscita nel 1972, è considerato il miglior disco in assoluto della intera produzione musicale italiana insieme a Crêuza de mä del 1984, di Fabrizio De André.
Erano passati quarant’anni dalla sua adolescenza a oggi, eppure sembrava che la sua vita fosse stata vissuta in pochi attimi, perché noi siamo quello che viviamo e se una vita passa attraverso la noia più totale, attraverso situazioni non emozionanti, allora il tempo non trascorre mai; al contrario se viviamo con intensità, con creatività, non ci accorgiamo nemmeno del tempo che passa! Francesco Normanno aveva vissuto la propria esistenza fino all’età di cinquant’anni in un baleno, e gli ultimi anni in un tempo infinito! Negli anni universitari il nostro protagonista aveva sostenuto un esame di letteratura nordamericana. Era rimasto particolarmente attratto da un romanzo di Jack Kerouac, Sulla strada (On the road), che aveva consacrato l’immagine del ribelle simbolo della beat generation. Gli era piaciuto moltissimo il protagonista, tale Dean Moriarty, che, nell’arco di qualche giorno, aveva attraversato gli Stati Uniti vivendo alla giornata con il suo amico Sal Paradise; aveva distrutto non so quante macchine, messo incinta una ragazza e altre “imprese del genere”.
La filosofia della beat generation del vivere alla giornata, senza respiro, prendendo immediatamente dalla vita tutto quello che è in grado di offrire, era entrata nello spirito di Francesco, soprattutto negli anni della sua giovinezza; d’altra parte anche adesso che il suo stile di vita sembrava cambiato, sotto la scorza dell’apparenza lo spirito ribelle era rimasto lì, dentro un corpo che si rifiutava di accettare il tempo che passava, perché chi ha vissuto l’infanzia e la giovinezza negli anni Sessanta e Settanta del ventesimo secolo, rimane giovane per sempre! Francesco Normanno aveva sempre avuto idee, diciamo non troppo regolamentari in fatto di politica! Attualmente, il suo stato d’animo era molto radicale perché era rimasto profondamente deluso da tutti i partiti e gli esponenti politici che governavano il Paese. Governi, intendiamoci, sia di sinistra che di destra. forse anche perché di grandi leader proprio non se ne trovavano più! Era diventato profondamente intollerante. Anche se non lo manifestava apertamente, era piuttosto contrario all’ondata migratoria che aveva attraversato l’Italia e l’Europa negli ultimi anni; razzista non lo era, però aveva cominciato a credere nell’identità nazionale, nel concetto che i bianchi debbano stare nel mondo occidentale, i gialli in Asia e i neri in Africa!
Francesco Normanno questo non lo diceva ma lo pensava, come lo pensa la stragrande maggioranza della gente la cui ipocrisia, però, non permette di manifestarlo apertamente! D’altra parte se esiste ancora un Nord “razzista” nei confronti del Sud, come non può esistere un sentimento intollerante nei confronti degli stranieri? Noi diciamo di essere solidali con le altre razze, cerchiamo di aiutare chi ne ha bisogno, ma avete mai visto una famiglia italiana della media borghesia o anche del ceto impiegatizio andare a cena con una famiglia di zingari? Avete mai visto il vostro vicino di casa, che dice tante belle parole a proposito dei rom, uscire con loro per andare a cinema? Avete mai visto un dirigente che diventa amico dell’ultimo impiegato della fabbrica in cui lavora e che la sera va a casa sua a guardare la televisione? E allora basta, basta con questa ipocrisia, gli uomini sono tutti uguali soltanto a parole ma nei fatti…!
Questo pensava il nostro protagonista ma non sempre era stato così. In gioventù, sin dall’età di quattordici anni, aveva idee di sinistra; non che fosse iscritto a un qualsivoglia partito, questo no, ma l’atmosfera di fine anni Sessanta era quella che era e gli studenti, i ragazzi di allora, o stavano a destra (pochi) o a sinistra (tanti). Al centro, di giovani, proprio era raro incontrarne! Insomma o si era fascisti o comunisti ma non democristiani. La Democrazia Cristiana era una priorità degli uomini adulti, dei nostri padri per intenderci!
Francesco Normanno non era una persona che accettava le mezze misure. La sua vita era stata una parabola, le sue idee erano passate da un opposto all’altro, in modo nettamente radicale, senza mai toccare il centro! forse questo non sarà certamente molto comprensibile da parte di chi vive oggi la sua giovinezza o anche da una persona che ha un’età intorno ai quarant’anni, ma la generazione dei nati negli anni Cinquanta del secolo scorso è stata davvero confusa in fatto di idee politiche! Stiamo cercando ancora la nostra identità, ci sentiamo incompresi come se nessuno possa davvero entrare nella nostra visione della vita e in questo modo facciamo finire il mondo! D’altra parte vivere la giovinezza con tanto entusiasmo nel futuro e poi trovare un futuro che non è quello che ci si aspettava, è davvero terribile! Siamo una generazione di frustrati, questa è la verità, ma noi ci ostiniamo a non accettarla come se fossimo i depositari di una verità assoluta e guardiamo con sufficienza i nostri figli, come con sufficienza i nostri padri guardavano noi!
La nostra è una generazione di falliti, in quanto tutte le speranze che riponevamo nel futuro quarant’anni fa, sono andate completamente deluse e perché abbiamo
commesso gli stessi errori dei nostri genitori nei nostri confronti, perché nonostante tutto siamo cinquantenni con idee da cinquantenni come eravamo ventenni con idee da ventenni! Solo che crediamo di essere cinquantenni con idee da ventenni. Basta uno specchio, però, a sputarci in faccia tutta la verità! Francesco Normanno era vecchio ormai, il mondo lo vedeva così, anche se egli credeva di essere più giovane del figlio! L’altra domenica, seduto a un tavolo di un bar al Corso Arnaldo Lucci di Napoli, osservava una persona molto anziana di età sicuramente oltre gli ottanta anni! Questa persona, in compagnia di suoi coetanei sorrideva, bevendo un caffè, ma negli occhi gli si poteva leggere tutta la sua esistenza: quel signore era stato giovane negli anni Quaranta, aveva vissuto la guerra, aveva vissuto soprattutto l’epoca dello swing. forse aveva ballato al suono dei «V-disc», forse aveva ascoltato chissà quante volte In the mood di Glenn Miller, forse… Adesso però era lì, probabilmente un po’ rincoglionito, a passare i suoi ultimi giorni!
Tutto è relativo e la nostra esistenza, tutto quello che abbiamo fatto, che senso può avere? Ci crediamo immortali perché, probabilmente, il mito della religione ce lo consente, crediamo che non si potrà mai fare a meno di noi, ma chi siamo, dove andiamo veramente? Già, i problemi esistenziali! Tutta la letteratura musicale di inizio anni Settanta ne era impregnata. I gruppi pop-rock di allora non facevano altro che riflettere sulla nostra condizione di uomini. Francesco Normanno pensava, a proposito, ai De De Lind e a un loro strano disco del 1973 Io non so da dove vengo e non so dove mai andrò. Uomo è il nome che mi han dato. All’epoca fare cose strane e mettere titoli strani ai dischi era la regola. Si sperimentava molto. Sperimentavano molto gli Area, sperimentava molto Franco Battiato sotto l’influenza di Karlheinz Stockhausen «… il silenzio del rumore delle valvole a pressione… ti sei mai chiesto quale funzione hai?» da Pollution del 1972, probabilmente non aveva nessun senso ma il non sense era la normalità! Francesco Normanno ricordava, al riguardo, quel concerto del 1973 allo stadio di Nola, ospiti appunto gli Area e Franco Battiato! Suonarono prima gli Area e poi franco Battiato che arrivò con molto ritardo. In tutto due o trecento persone ad assistere all’evento. Gli Area erano molto conosciuti anche per i trascorsi del loro cantante Demetrio Stratos, nei Ribelli. Battiato, invece, era un nome che circolava solo tra gli addetti ai lavori come un musicista strano. Si trattava, e questo non tutti all’epoca lo avevano capito, di un grandissimo artista che, partito dalla canzonetta (ricordate È l’amore?), aveva condotto un percorso musicale all’insegna dello sperimentalismo! Sarebbe poi esploso nel 1979 con L’era del cinghiale bianco e, soprattutto, nel 1981 con La voce del padrone, un disco che vendette in quel periodo oltre un milione di copie.
Strano destino quello del nostro musicista… E pensare che dischi come L’Egitto prima delle sabbie o M.elle le “Gladiator” se li erano comprati, probabilmente, solo poche centinaia di aficionados. E poi trecento persone a Nola a seguire il suo concerto e cinquantamila nel 1982 a Cava dei Tirreni!!!! Francesco Normanno aveva partecipato a eventi e concerti rock di straordinaria importanza. Abbiamo già fatto menzione dell’happening dei Led Zeppelin del 1971; quello stesso anno, nel mese di ottobre, qualcosa di magico stava per accadere: un suo amico e compagno di scuola, tale Antonio, di un paese vicino al suo, gli aveva detto che i Pink floyd dovevano fare un concerto a Pompei. Francesco pensò che fosse una balla, dato che il suo amico era solito raccontare cose non vere. Quando Antonio, però, gli dimostrò che la notizia era fondata in quanto suo zio, custode presso gli scavi, aveva saputo la cosa, dovette ricredersi. I Pink floyd veramente dovevano registrare nell’atmosfera magica degli scavi ma assolutamente senza pubblico! Come fare allora per vedere dal vivo uno dei più straordinari gruppi della storia della musica rock? Il Normanno insistette per parlare con lo zio di Antonio per entrare negli scavi. Il custode non ne voleva assolutamente sapere; davanti alle preghiere insistenti dei due ragazzi, però, si lasciò convincere, ponendo come condizione ai due di nascondersi dietro un albero e di non farsi assolutamente scorgere perché poi ci andava di mezzo lui! Detto fatto e francesco Normanno poté assistere a un evento memorabile, con l’esibizione magica dei Pink floyd in un’atmosfera surreale.
Si era nei primi giorni di ottobre ma faceva ancora caldo: ma proprio il caldo, l’acido lisergico, sicuramente utilizzato dai Pink floyd per “caricarsi” e quelle pietre vecchie di duemila anni fecero il miracolo! David Gilmour sembrava un dio scandinavo, Roger Waters la luce che viene fuori dalle tenebre, Richard Wright l’eco delle sinfonie celesti e Nick Mason il martello dell’Infinito! Francesco Normanno ricordava in modo struggente due brani eseguiti in tale occasione Set the control for the heart of the sun e Careful with that axe Eugene. Il 1971, a quanto pare, fu un anno straordinario per il nostro eroe. Di solito la domenica, insieme con un amico, aspettava nella piazza principale del suo paese un personaggio, Michele, che con la macchina, nel primo pomeriggio, si recava a Napoli. Francesco e il suo amico, Roberto, attendevano con ansia perché a Napoli potevano andarci solamente con un passaggio, visto che di soldi per prendere il treno non ce n’erano. Michele, normalmente, arrivava verso le ore 16.00 e conduceva i due ragazzi in città, quasi sempre verso Piazza Trieste e Trento, poi se ne andava per i fatti suoi e tornava intorno a mezzanotte a riprenderli. Così Roberto e Francesco avevano circa 7 ore per scorrazzare per Napoli e perdere il loro tempo! Napoli ormai era cosa loro perché avevano imparato a conoscerla bene! Di solito Roberto, che era un po’ più intraprendente, insisteva per andare a girovagare per i quartieri spagnoli, attratto dalle prostitute che fuori dai “bassi” esponevano la loro “merce” naturale fin dalle prime ore del pomeriggio! E così di “basso” in “basso” i due si divertivano a loro modo sfottendo le puttane e chiedendo continuamente loro quanto prendessero a prestazione. Naturalmente la loro era solo un’intenzione, in quanto non avevano nemmeno una lira per “andare”.
Capitò una volta che alla richiesta di Roberto, una prostituta facesse rispondere, però, un individuo alto, robusto con due enormi baffoni che in canottiera replicò in tono minaccioso “cosa servisse ai due”, brandendo un coltello. I due amici scapparono precipitosamente cominciando a correre come pazzi. Il tratto dai Quartieri Spagnoli alla Stazione centrale fu percorso in cinque minuti netti! Capitò pure una volta che Michele, personaggio molto ambiguo e dai gusti strani, arrivasse a Piazza Trieste e Trento alle 4 di notte! Francesco ricorda ancora la mazziata che gli fece il padre quando lo vide arrivare a casa alle 5 del mattino! L’infanzia di francesco Normanno era stata difficile. Era nato nel 1956 in una casa fatiscente presa in affitto dal padre, barbiere, in condizioni economiche molto precarie. Alla nascita pesava oltre sei chilogrammi e questo era già un evento, ma forse non tanto, in quanto a quei tempi nonostante a volte si mangiasse una sola volta al giorno, stranamente i bambini alla nascita pesavano più di quelli di oggi. Chissà, forse tutto dipendeva dall’aria che si respirava, certamente di qualità migliore!!! Era nato nella stessa casa dove era venuto alla luce il poeta Enzo Bonagura, nel 1900, grandissimo autore della nostra canzone in lingua ma, soprattutto, in vernacolo, i cui brani Maruzzella scritta con Renato Carosone, Sciummo, Scalinatella, Il pericolo numero uno e tanti altri, hanno fatto il giro del mondo. Bonagura è stato un grande poeta ma, chissà perché, nessuno è profeta in patria: nel posto in cui è nato non tutti lo conoscono e
nemmeno sanno che è nato lì! Il padre di Francesco era una persona abbastanza colta che aveva dovuto interrompere gli studi a causa della guerra e aveva dovuto arrangiarsi imparando i più umili mestieri per vivere.
Era un grande appassionato della canzone napoletana e il suo idolo era Sergio Bruni del quale era anche capace di imitare il modo di cantare. Sergio Bruni, a mio avviso, è stato il più grande interprete della canzone napoletana nonostante molti considerino tale Roberto Murolo. La madre, invece, casalinga, era una di quelle donne di grande dirittura morale e stravedeva per Francesco. Era una persona che aveva sacrificato la sua vita alla famiglia e che non aveva fatto mancare mai niente ai figli; basti pensare che, qualche volta, pur non avendo i soldi per mandare Francesco in vacanza se li era fatti prestare! Lo spirito ribelle di francesco Normanno era particolarmente accentuato in quegli anni! Se decideva di fare una cosa la faceva e basta senza porsi tanti problemi. Nel 1972, tornando da scuola, alla stazione conobbe una ragazza di religione protestante che gli presentò un “pastore” che aveva organizzato un campeggio di “fratelli” della stessa fede religiosa, di valenza europea, in Austria, nei pressi di Klagenfurt. francesco, insieme a Roberto, decise di parteciparvi e senza dire niente ai suoi, il 15 luglio, dopo aver acquistato un sacco a pelo, prese il treno e partì. La povera madre non vedendolo tornare a casa fece il giro di tutti gli ospedali e delle stazioni dei Carabinieri e dei Commissariati di Polizia della zona denunciando la sua scomparsa! finalmente, intorno al 20 luglio il nostro protagonista si decise a chiamare la madre dall’Austria dicendo dove stava! Questo era il personaggio! Del resto si era comportato allo stesso modo quando era andato a Milano a seguire il concerto dei Led Zeppelin!
Era questo il modo di fare tipico dei giovani dell’epoca. I figli si divertivano e i padri e le madri pativano! In quel periodo il gap generazionale tra genitori e figli era fortissimo. Quasi non c’era dialogo in famiglia, anzi qualcuno che seguiva i consigli del padre o della madre era considerato un babbeo! I giovani volevano cambiare il mondo e volevano avere tutto e subito! Jim Morrison e i Doors erano un mito, e il celebre verso «We want the world and we want it now!» (vogliamo il mondo e lo vogliamo subito) tratto da When the music’s over da Strange days del 1967, era entrato nella testa di tutti i ragazzi dell’epoca! Ci sono epoche nella storia dell’umanità fervide di idee straordinarie ed estremamente innovative; momenti in cui il genere umano crea delle opere immortali. Il Rinascimento ad esempio. Come è stato possibile che nell’arco di poche decine di anni siano venuti alla luce geni assoluti come Leonardo, Michelangelo, Raffaello? E poi l’epoca del blues e del jazz e dei grandi compositori. Artisti come Louis Armstrong, vero inventore di tutta la musica moderna, Duke Ellington, George Gershwin, Charlie Parker, Billie Holiday, solo per citarne alcuni tra i più grandi, hanno reso il Novecento il secolo della musica moderna! La musica popolare, forma d’arte povera rispetto a quella classica di grandi geni come Beethoven e Mozart, senza l’apporto dei grandi musicisti di cui sopra non sarebbe mai diventata grande! E poi la rivoluzione del rock’n’roll!!!
Credo che il periodo metà anni Sessanta-metà anni Settanta del secolo scorso sia stato il più importante e innovativo dell’intera storia della musica rock e non solo. Dopo la grande rivoluzione del rock’n’roll, i cui germi rivelatori si potevano già riscontrare nello swing, già intorno al 1962 la musica cessa di esistere come puro divertimento per trasformarsi in presa di coscienza e preludio sonoro ai grandi avvenimenti sociali e culturali che avrebbero infiammato il mondo come la rivoluzione studentesca a Berkeley-UCLA di Los Angeles nel 1967, il grand movimento universale del Sessantotto e i festival di Woodstock e dell’isola di Wight! Il 1962 è l’anno di nascita musicale di tre giganti del rock: Bob Dylan, Beatles e Rolling Stones, quelli, cioè, che avrebbero influenzato definitivamente tutta la musica moderna e, naturalmente, il rock stesso! E il 1965 produce tre capolavori assoluti Rubber soul dei Beatles, Out of our heads dei Rolling Stones e Highway 61 revisited di Bob Dylan con pezzi celeberrimi come Michelle, (I can’t get no) Satisfaction e Like a rolling stone (questo pezzo di Dylan è stato definito il migliore in assoluto della rock music di tutti i tempi!). E Francesco Normanno sembrava proprio il protagonista della canzone di Dylan: era stato una persona importante e adesso era soltanto “una pietra che rotolava” («how does it feel to be without a home like a complete unknown, like a rolling stone», «come ci si sente senza una casa, come un perfetto sconosciuto, come una pietra che rotola»).
* * *
IO E IL ROCK di Gianni Scudieri - Editore Tullio Pironti -
Il romanzo si è aggiudicato il prestigioso premio PRATA 2014 per la narrativa. ( Prefazione di Edoardo Bennato )
Le interviste sono visionabili su Youtube (digitare “IO E IL ROCK” RAIUNO, CANALE 9 e RoadTv).
Caro Lettore, arrivederci al prossimo appuntamento letterario.