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" L'ULTIMO ADDIO " di Claudia Biasini

Perché non ci sia mai un addio, credendo che, oltre ogni orizzonte, ce ne sia un altro più azzurro, più lontano, fino all ’infinito, fino al Paradiso.

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BIOGRAFIA AUTRICE

Claudia Biasini è nata il 15 Giugno 1973 a Isola della Scala e vive a Buttapietra (VR).
Diplomatasi come Perito Aziendale e Corrispondente in Lingue Estere, lavora da quindici anni come impiegata in una ditta locale.
E’ alla sua seconda esperienza letteraria. Nel 2009 ha pubblicato “Oltre ogni pregiudizio” con la casa Editrice Albatros.
L’ultimo addio” nel 2014 con la Cooperativa Diòspero Edizioni.

PRESENTAZIONE

Caro Lettore,

L’ultimo addio”, un libro che commuove, che ti lascia il tempo e lo spazio per pensare e scavare dentro il tuo profondo  gli addii che hai vissuto sino a quel momento.
Ci sono addii che sono per sempre.
Ci sono addii che possono trasformarsi in  un ritorno.
Perché la vita è un mistero, perché noi il destino  non lo conosciamo, perché durante il percorso della nostra vita, tutto può sempre accadere.
Addio è un’ espressione di saluto, per lo più  un commiato definitivo.
E’ un’ espressione di rammarico o di rimpianto per qualcosa che si perde o alla quale bisogna rinunciare.
L’addio può essere vissuto in molti modi e per tanti motivi. Certo è, che di qualsiasi addio si tratti, lascia sempre dentro di noi un vuoto.
L’autrice Claudia Biasini, racconta la storia di una donna in carriera costretta suo malgrado a vivere un susseguirsi di addii.
Pagina dopo pagina, camminerai insieme a lei in questo suo tratto di vita difficile.
Scoprirai  la sua forza, la sua determinazione e ricorderai la tua forza, la tua determinazione per gli addii che anche tu sei stato costretto a vivere.
Quelli che ti hanno lasciato il segno, quelli che ti hanno fatto piangere, quelli che ti hanno regalato notti insonni, e quelli che poi hanno avuto un ritorno.
Sì, perché finché  c’è vita, un addio potrà sempre trasformarsi in un ciao o in un arrivederci e le lacrime potranno diventare splendidi sorrisi.
(Raffaella Lamastra)

Buona lettura…

L’ULTIMO ADDIO

Dedicato a

Chi, dolorosamente,
chiede una nuova possibilità.
Chi, altrettanto dolorosamente,
decide che la merita e gliela offre.
Con amore.
Con speranza:
Perché non ci sia mai un addio,
credendo che, oltre ogni orizzonte,
ce ne sia un altro
più azzurro
più lontano,
fino all’infinito,
fino al Paradiso.

* * * 

Capitolo 1

Ha un appuntamento?” chiese all’interfono Jessica.

“No, Jess. Nessun appuntamento. Gli ho detto di fissarlo per la settimana prossima, ma insiste perché tu lo riceva subito!” Jessica sbuffò appoggiandosi allo schienale della poltrona.
“Come hai detto che si chiama?”
“Mi ha detto che non è necessario; però non mi sembra malintenzionato.”
“Sarah. Puoi venire qua un secondo?”
Sarah, la sua segretaria personale, entrò quasi immediatamente.
“Ho ancora appuntamenti per oggi?”
“Sì, con il signor Newbury.”
“Ah sì.” commentò pensierosa “Quello non lo posso proprio più rimandare o mi manderà a monte un bel po’ di affari in Europa!” Sbirciò l’orologio sulla scrivania. Il quarzo rosa indicava le 17.46. “Ok, dammi ancora 14 minuti perché possa terminare queste pratiche, poi fai accomodare il Sig. Newbury. Offri un caffè al misterioso cliente, fallo accomodare nel salottino e portagli delle riviste. Se proprio non vuole prendere un appuntamento, aspetterà che io onori i miei. Lo riceverò quando se ne sarà andato il Sig. Newbury.”
“Ok.” rispose Sarah un po’ pensierosa.
“È già uscita Chloé?” Chloé era la giovane di colore alla reception.
“Sì purtroppo. Aveva un appuntamento dal dentista.”
“Sì, infatti. Me lo aveva detto. Va bene. Vai pure anche tu, non ti preoccupare. Me la so cavare.”
“Ne sono più che sicura. Solo…”
“Buona serata, Sarah. Ci vediamo domani.”
 

Jessica si rimise al lavoro, fin quando non sopraggiunse l’ennesima crisi: le gocce di sudore le imperlarono la fronte, il cuore cominciò a sussultare come se fosse in un barattolo di latta, la salivazione azzerata. La lussuosa penna d’oro le scivolò dalle dita, macchiando il documento sul quale stava lavorando. A fatica si sollevò dalla sedia e raggiunse l’attaccapanni. Cercò affannosamente nella borsa il flacone delle pillole bianche, si avvicinò al mobile bar, si versò una generosa tazza di caffè e ingoiò due capsule. Si appoggiò alla parete aspettando che facessero il loro atteso effetto.

Jessica Wendell era la classica donna d’affari, interessata solo a dare il meglio di sé nel lavoro e a far carriera; ma non per un esclusivo motivo economico o di prestigio, ma per tenere la mente impegnata e il cuore distante dalle emozioni. Quella non era la vita che avrebbe scelto, erano gli eventi che l’avevano costretta a prendere questa strada. Anche se, con il senno di poi, poteva fare un bilancio positivo del suo essere donna impegnata nel lavoro, che svolgeva egregiamente.
Aveva costruito, per lo più da sola, la sua carriera, negli anni nei quali Sebastian Eddington trascorreva le vacanze a Nicolet, sul lago Saint Pierre, dove lei abitava e studiava.
Lui le aveva insegnato i trucchi e gli stratagemmi per poter parlare con le persone, per convincerle che quello che stavano per fare era l’affare della vita.
Con il tempo Sebastian le aveva chiesto di diventare sua segretaria personale a Montreal, e data la sua situazione economica e sentimentale di quel momento aveva accettato di buon grado.

Da segretaria, in sei anni, era diventata socia creando la Eddington, Wendell & C. e attualmente l’unica impegnata nel lavoro materiale, dato lo stato precario di salute del socio Sebastian; quasi un secondo padre per lei, un uomo di grande spessore e sensibilità.
Adesso a Montreal aveva un ufficio con grandi vetrate e una segretaria personale che si avvicinava molto a essere una buona amica. E per una persona che trascorreva gran parte della sua giornata in ufficio, con pochi amici, per lo più conoscenti, al di fuori e una vita sociale che ruotava solo per il lavoro, era davvero tanto. Aveva un attico in centro città, una macchina, bei vestiti e tanti lussi. A Nicolet rimaneva la sua casa, vuota. I genitori non c’erano più e la sorella, dopo il matrimonio, si era trasferita a Québec City.
A Nicolet rimanevano la sua vita passata e i suoi dolorosi ricordi.

La sveglia al quarzo suonò ricordandole che il tempo a sua disposizione era scaduto. Non aveva finito le pratiche in sospeso, e tantomeno rivisto la pratica del Signor Newbury.
“Sarah?” disse alla sua segretaria, sperando che non fosse già uscita dall’ufficio.
“Sì?”
“Porta pazienza… Dammi altri cinque minuti, che mi sistemo.” chiuse la comunicazione, andò nel bagno attiguo all’ufficio per sistemarsi la spumeggiante chioma rossa, si ritoccò il trucco risaltando sapientemente i suoi occhi verdi, un velo di rossetto e si accomodò di nuovo dietro la grande scrivania di rovere. Puntuale.
“Buonasera Sig. Newbury.”

Per essere un salottino era molto grande. La segretaria l’aveva accompagnato informandolo educatamente che la Signorina Wendell l’avrebbe ricevuto appena avesse finito con il cliente con cui aveva un precedente appuntamento. Da tempo, aveva sottolineato sarcasticamente. Gli aveva offerto caffè, panini dolci e delle riviste; dopodiché aveva chiuso archivi e porte a chiave e salutandolo gentilmente se ne era andata. Probabilmente Jessica era solita a lavorare fino a tardi. Non si stupì. Jessica era sempre stata molto diligente e professionale.
Ancora non credeva di essere tornato a Montreal, dopo sette anni. I viaggi, i lavori, gli studi e tutte le persone che aveva incontrato per diletto e per necessità sembravano così lontane. Era a casa, finalmente.
Sperò che Jessica l’avrebbe accolto e capito, com’era già successo in passato, anche se riusciva a immaginare la sua rabbia e la sua tristezza. Comprendeva, ma non era sicuro di poterlo sopportare. Si tolse il giubbotto di pelle e iniziò a sfogliare distrattamente una rivista.

L’appuntamento con il Signor Newbury durò più del previsto ed erano le 19 passate quando, finalmente, si accordarono sui termini del contratto. Quell’uomo non solo era brutto e antipatico, ma le sembrava di parlare un’altra lingua. Aveva messo a dura prova la sua freddezza.
Lo accompagnò alla porta, passando dall’ufficio di Sarah e dalla reception vuota. Lo salutò, sperando che i prossimi affari fossero condotti da qualcun altro della società.
Dopo aver richiuso la porta a chiave, fece per tornare nel suo ufficio per riprendere le pratiche rimaste in sospeso. Al limite le avrebbe portate a casa e avrebbe finito il lavoro la notte quando il sonno scompariva e i ricordi si facevano insopportabili. Come adesso… quella melodia…
“Sono qui. Sono io. Here I am. Io sono qui. È un nuovo mondo, è un nuovo inizio. Non c’è altro posto sulla Terra dove vorrei essere. Sono qui, dove ho deciso di restare…”
Conosceva quella musica e conosceva chi gliela cantava, suonando la chitarra al chiaro di luna, sotto l’albero di ciliegio o davanti a un fuoco scoppiettante.
Le si aggrovigliò lo stomaco e il cuore le rimbalzò in gola. Il misterioso cliente! Nessun appuntamento, nessun nome, “non è necessario, insiste per vederti”. Le parole scambiate con Sarah le risuonarono nelle orecchie. Le gambe si mossero mal ferme verso il salottino degli ospiti, la porta era aperta e là, seduto, c’era proprio chi pensava che ci fosse: Fabian.

Capitolo 2

Restò ammutolita a osservarlo: era dimagrito tanto, i capelli che una volta portava lunghi sul collo erano ora cortissimi, indossava una polo blu e dei jeans sdruciti.

Quando lui alzò dalla rivista i suoi occhi, grigi e magnetici, proprio come li ricordava, non ebbe più dubbi. La stessa intensità, la stessa trasparenza.
“Fabian!?” Sussurrò entrando nel salottino.
Fabian si alzò, sembrava impacciato, si asciugò le mani sui pantaloni, fosse temendo che fossero sudate o semplicemente per imbarazzo.
“Ciao, Jey.” Le disse avvicinandosi di un passo. Lei, che in anni di gavetta aveva imparato a essere controllata nelle emozioni e fredda nei colloqui, prese la parola.
“Fabian! Davvero tutto avrei pensato… Hai già visto Sebastian?” L’anziano socio era, infatti, zio di Fabian, suo unico e amatissimo nipote. Jessica aveva sempre pensato che la sua salute risentisse anche del fatto di non vederlo né sentirlo da anni.
“Sì, sono appena stato da lui.” Jessica sorrise pensando alla sua gioia. Sebastian gli aveva fatto da padre, mancato quando Fabian era bambino.
“Chissà che contento!” Esclamò.
“Jey…” Fabian si avvicinò di un altro passo. Lei alzò le braccia e scosse vigorosamente la testa.
“Ti prego, Fabian. Non appiopparmi le tue solite strampalate scuse!” Esclamò, mentre l’ansia cresceva e il tono di voce si faceva più acceso.
“Mi spiace.” Sussurrò lui abbassando la testa “Stavolta sarà diverso.”
“Ma per favore! Okay, non importa. Per me non importa. Quello che ti raccomando è di avere un po’ di cuore per Sebastian. Il suo è molto debole. Io ho già fatto le mie scelte.” Fabian non poté non notare il brillante che portava all’anulare sinistro.
“Sei fidanzata.” Sussurrò rammaricato.
“Sì.” Rispose lei quasi con arroganza “Ci sposeremo in primavera. Non potevo aspettarti per sempre.” Concluse sussurrando. “Anche se ti amo ancora!” Gridò il suo cuore.

Alle spalle di Fabian, il porto di San Lorenzo era illuminato. Tra breve avrebbe iniziato a ghiacciarsi, con l’arrivo dell’inverno, e i blocchi di ghiaccio avrebbero impedito i commerci per almeno quattro mesi.
“Sì, è naturale.” Ammise lui, pensando invece che l’avrebbe riconquistata anche stavolta, fosse stata l’ultima cosa che avrebbe fatto nella vita. Jessica notò la tazza vuota.
“Bevi qualcos’altro? Ti ho fatto aspettare un bel po’.” Gli chiese cambiando discorso e addentrandosi in un terreno molto meno pericoloso e più neutrale “Brandy?”
Jessica aprì con una chiave il mobiletto bar e gli servì brandy con due cubetti di ghiaccio, come piaceva a lui. Quando gli porse il bicchiere le dita si sfiorarono e solo da quel contatto capì quante cose gli erano mancate di lui.
“Come sta tua madre?” Le chiese lui.
“Purtroppo è mancata.” Sussurrò rattristandosi.
“Oh! Mi dispiace tanto. Era una grande donna.” Disse Fabian visibilmente dispiaciuto.
 

Jessica, al contrario, evitò di chiedergli di Claire, sua madre. Sapeva, infatti, da Sebastian che anche lei era morta cinque anni prima.
“Georgie?” Continuò lui, riferendosi alla sorella di Jessica.
“Lei sta bene. Si è sposata con Ethan e vivono a Québec City. Qualche week end lo passo da loro, così posso godermi la nuova nipotina. Oltre ad Andrè, 4 anni, da tre mesi sono diventata di nuovo zia. Rachel è bellissima!”
“Ne sono convinto.” Sorrise lui, vedendo quanto era fiera della sua famiglia. Aveva ragione. Meritava anche lei di sposarsi e avere dei figli. Aveva fatto benissimo a non aspettarlo. Non avrebbe potuto offrirle tanto. “Spero di avere occasione di rivederli.”
“E gli zii di San Francisco?” Chiese lei provocatoria “Risolti i problemi?”
“Sì, mio cugino è cresciuto e ha preso le redini della situazione. È stata dura!”
“Ci credo! Ci sono voluti anni del tuo prezioso aiuto. Ti sono costati anni di studio.” Commentò sarcastica.
Lui non rispose; un silenzio pesante cadde tra loro. Una miccia, solo un fuoco assopito. Troppo era sottointeso e troppo alto era il prezzo da pagare.
“Senti, Jey… Ho già parlato di questo con Sebastian, ma ci tenevo a farlo anche con te. Vorrei lavorare con voi.”

Jessica si stupì: un nomade di natura, non può mettere radici!
“Io… io non capisco.” Balbettò, prendendo tempo “Naturalmente hai sempre fatto parte del disegno di Sebastian. Qui accanto c’è un ufficio, che lui ha sempre considerato tuo. Ma…”
“Ti stai chiedendo se sono in grado?” La interruppe “È ovvio. Ho ripreso gli studi in Europa. Ho un master in economia. Ho lavorato per grandi industrie a Parigi, Amsterdam e Singapore. Ho le referenze.” Continuò, prendendo la giacca e cercando qualcosa, dei fogli al suo interno. Jessica era stupita. Studiò le referenze con interesse: società di calibro internazionale, mansioni di grande responsabilità.
Perché? Perché con tante prospettive era tornato a Montreal? Certo la Eddington, Wendell & C. era pure un’azienda di fama, quotata in borsa, e non mancavano periodicamente articoli su quotidiani e riviste specializzate. Inoltre era la ditta dello zio, nonché sua eredità. Aveva effettivamente tutte le ragioni per essere tornato e voler lavorare con loro. Tuttavia, si illuse che fosse tornato anche per lei.
“Certo che mi hai stupito!” Gli disse, abbassando un attimo la guardia “Davvero! Con queste referenze potresti essere davvero utile. Parlerò con Sebastian per definire i dettagli, anche se mi sembra che ci sia poco da riflettere.”  Concluse restituendogli le buste “Questo, naturalmente, prevede che tu resti, non che all’improvviso tu decida…” Lo ammonì, ricordando i loro trascorsi e le partenze e i ritorni.
“Te l’ho detto, Jey.” La interruppe deciso “Stavolta resterò.” Dopo poco Fabian se ne andò, non senza averle sfiorato le guance con un bacio innocente.
Jessica non aveva considerato che, lavorando fianco a fianco, lo avrebbe visto ore e ore al lavoro. Sarebbe riuscita a seguire le scelte che aveva dolorosamente fatto senza di lui?

L’ascensore era lussuoso quanto tutto il resto. Era a casa. Era con la sua famiglia. Era con Jessica. Fabian metabolizzò tutto questo finché scendeva al piano terra. Ora si sarebbe impegnato a conquistarla di nuovo per sempre. Non gli rimaneva altro da fare, in fin dei conti.

Jessica rientrò nel suo appartamento e fu assalita da una crisi violenta. Ma stavolta non si affrettò a prendere le pillole. Si appoggiò alla porta blindata e rimase a fissare le fredda mura e i mobili praticamente nuovi.
L’unica nota di vita era data dal persiano bianco che aveva adottato un po’ di tempo prima. Perla le venne incontro scrutandola con i gelidi occhi azzurri.
 

Le lacrime arrivarono all’improvviso. Tante, impetuose. Bagnarono la camicia e i pantaloni. Soffocarono la crisi e i singhiozzi sembrarono non finire mai.
Dopo sette anni era crollata. In mezz’ora Fabian aveva mandato all’aria il suo autocontrollo e il suo guscio. I mille ricordi l’assalirono come uno tsunami e non riusciva più a soffocarli. Non voleva più farlo. Doveva invece affrontare i suoi fantasmi e cercare di mettere, una volta per tutte, ordine alla sua vita.
Scivolò lentamente per terra, mentre la camicia si incollava alla schiena e i capelli alla fronte. Finalmente, vinta dai singhiozzi, il sonno arrivò.

* * * 

L'ULTIMO ADDIO  di Claudia Biasini - Editrice Diospero - Cooperativa Autori- www.cooperativaautori.it -

Caro Lettore,

arrivederci al prossimo appuntamento letterario.

 

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