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“IL RUOLO DELLA DONNA NELLA NARRATIVA DI FINE Ottocento- INIZIO Novecento” di IVANA VACCARONI

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BIOGRAFIA AUTRICE

Ivana Vaccaroni e’ nata e vive a Udine.

Dopo gli studi classici e quelli di Lettere moderne presso la Facoltà  di  Trieste si è  dedicata all’insegnamento con entusiasmo e passione, svolgendo tuttora tale professione presso un liceo scientifico della sua città. Da sempre interessata allo studio della lingua e della letteratura italiana ( l’opera che ama più di tutte è la Divina Commedia), collabora e scrive per numerosi blog e riviste letterarie.

Ha dato vita, unico caso in Italia, a un “Caffè  letterario” nella sua scuola, coinvolgendo insegnanti e allievi che hanno risposto con entusiasmo a tale iniziativa.

Ama la musica, le buone letture  e ritiene che la caratteristica essenziale da possedere sia la curiosità,  declinata in tutti gli aspetti del sapere.


PRESENTAZIONE

Caro Lettore,

la letteratura di fine Ottocento propone romanzi, tragedie, poesie che vedono la donna quale elemento indispensabile per trattare il sentimento per eccellenza, l’amore, ma non mancano esempi di amicizia, di legame di parentela o di affiatamento in ambito professionale. Si potrebbe ipotizzare l’esistenza di uno “specifico” femminile, dalle caratteristiche che ne comportino la tipizzazione: la differente estrazione sociale ne fornisce, però, vari esempi, tutti completi e complessi, mai banali ne’ scontati. Ci sono donne di origine nobile, mogli che rimangono nell’ombra, amanti sfortunate, madri-coraggio, figlie costrette ad accettare sottomissione forzate: ognuna di loro caratterizza di sé un verso, una strofa, un capitolo, un’opera intera. Tuttavia il ruolo di co-primarie o addirittura uno più marginale, a volte, e ‘indiscutibilmente frutto di una società prettamente maschilista, che impedisce alla donna l’emancipazione sociale, la possibilità  di acculturarsi, in una parola, la parità.

La condizione femminile è raramente al centro dell’attenzione degli scrittori i quali, nel migliore dei casi, fanno vedere la donna come vittima o esageratamente emancipata: la considerano “il femminile dell’uomo”, mai soggetto di fatti o eventi, ma oggetto di sentimenti e non sempre positivi. Tradizionalmente esclusa da una vita a pari condizioni offre peraltro una visione del mondo alternativa a quella dominante, di valori contrapposti a quelli del possesso, della sopraffazione, del potere e della violenza, tipici dell’universo maschile. La letteratura classica, con i suoi più  noti e forse abusati esempi, aveva proposto figure quali Penelope e Andromaca, entrambe simboli di un amore profondo per il proprio uomo, ma anche qui è la prima a vincere, sfruttando l’immagine eroica del marito del quale mantiene vivo il ricordo fino al suo ritorno. La moglie di Ettore, invece, è la sfortunata compagna di un destino immutabile.

Certo sono esistite anche donne traditrici, consapevoli dispensario di sofferenza come Lesbia, amante di Carullo, cui il poeta dedica versi appassionati, ma anche strali d’ odio altrettanto profondo (Odi et amo). Si tratta comunque di una donna libera, portata ad amare incondizionatamente  e, proprio per questo, considerata nella duplice veste di amante e amorosa. E che dire di Fortunata, la moglie di Trimalchione, protagonista del Satyricon di Petronio, la quale ha invece il ruolo forse più  moderno di tutte le altre: è lei che amministra il patrimonio del marito, che gestisce e custodisce casa e famiglia, lasciandogli credere il contrario mentre si rende, però, in questo modo, necessaria e indispensabile.

Una figura che non conosce tempo ed è quindi sempre vista ( o quasi) come l’immagine stessa della femminilità  per eccellenza è quella di madre, genitrice, in altre parole quella che, almeno per natura, esercita un ruolo da protagonista.

Nei secoli tale immagine non è mai mutata dolce e materna, severa e intransigente, ha improntato di sé in entrambi i casi la vita del proprio figlio, facendolo così  crescere sicuro e indipendente o debole e sottomesso, ma mai solo. Quasi tutti gli scrittori le hanno dedicato dei versi; Foscolo, Manzoni, Ungaretti, De Amicis tra i più importanti. In questo ruolo sembra spesso rinunciare proprio alla sua caratteristica principale: quella della femminilità,  appunto, in nome di qualcosa di più  alto e nobile qual è  quello della sua funzione generatrice.

Qualunque forma d’arte, peraltro, in tutte le sue manifestazioni  ha dovuto necessariamente  confrontarsi, scontrarsi o attestare il ruolo della donna.

Eppure, donne protagoniste, soggetti indiscussi di quadri, romanzi, sculture, poesie, brani musicali hanno sempre avuto come artista che le dipingeva, descriveva, scolpita o dedicava loro un testo con delle note una persona di sesso maschile…

Buona lettura...


  IL RUOLO DELLA DONNA NELLA NARRATIVA DI FINE Ottocento- INIZIO Novecento

 

La letteratura di fine Ottocento ci propone diversi soggetti di genere femminile, sia in qualità di scrittrici ma soprattutto come protagoniste o figure rilevanti nel panorama delle opere ascrivibili ai generi più tradizionali.

Romanzi, tragedie, poesie vedono la donna quale elemento indispensabile per trattare il sentimento per eccellenza, l'amore, ma non mancano esempi di amicizia, di legame di parentela o di affiatamento in ambito professionale. Si potrebbe ipotizzare l'esistenza di uno “specifico” femminile, dalle caratteristiche che ne comportino la tipizzazione: la differente estrazione sociale ne fornisce però vari esempi, tutti completi e complessi, mai banali né scontati. Ci sono donne di origine nobile, mogli che rimangono nell'ombra, amanti sfortunate, madri-coraggio, figlie costrette ad accettare sottomissioni forzate: ognuna di loro, però, impronta di sé un verso, una strofa, un capitolo, un'opera intera. Tuttavia il ruolo di co-protagonista o addirittura uno più marginale, a volte, è indiscutibilmente frutto di una società prettamente maschilista, che impedisce alla donna emancipazione sociale, possibilità di acculturarsi, in una parola: parità.

La condizione femminile è raramente al centro dell'attenzione degli scrittori; quando lo è, comunque, si pone in una duplice ottica: o vittima o esageratamente emancipata. Nel migliore dei casi ella viene considerata “il femminile dell'uomo”, mai soggetto di fatti o eventi ma oggetto di sentimenti e non sempre positivi. Tradizionalmente esclusa da una vita paritaria ella offre peraltro una visione del mondo alternativa a quella dominante, di valori contrapposti a quelli del possesso, della sopraffazione, del potere e della violenza, tipici dell'universo maschile.

La letteratura classica, con i suoi più noti e forse abusati esempi ci propone figure quali Penelope e Andromaca, simboli entrambe di un amore profondo per il proprio uomo, ma anche qui è la prima a vincere, sfruttando l'immagine eroica del marito che sostituisce fino al suo ritorno.

La moglie di Ettore, invece, è la sfortunata compagna di un destino immutabile.

Certo ci sono anche donne traditrici, addirittura crudeli, consapevoli dispensatrici di sofferenza e vero dolore come Lesbia, amante di Catullo, cui il poeta dedica versi appassionati ma anche strali d'odio altrettanto profondo (odi et amo). E che dire di Fortunata, la moglie di Trimalchione, protagonista del Satyricon di Petronio, la quale ha invece il ruolo forse più moderno di tutte le altre: è lei che gli amministra il patrimonio, che gestisce e custodisce casa e famiglia, lasciandogli credere il contrario, rendendosi però in questo modo necessaria e indispensabile.

Una figura che non conosce tempo ed è quindi vista sempre (o quasi) come l'immagine stessa della femminilità per eccellenza è quella di madre, genitrice, quella che almeno per natura ha un ruolo da protagonista.

Nei secoli ella non è mai mutata: dolce e materna, severa e intransigente ha improntato di sé in entrambi i casi la vita del proprio figlio, facendolo così crescere sicuro e indipendente o debole e sottomesso ma mai solo. Quasi tutti gli scrittori le hanno dedicato dei versi; per citare soltanto gli esempi più famosi possiamo ricordare Foscolo, Manzoni, Ungaretti, De Amicis...

Ella però, in questo ruolo, sembra spesso rinunciare proprio alla sua caratteristica principale: quella della femminilità, appunto, in nome di qualcosa di più alto e nobile qual è la sua funzione generatrice.

Qualunque forma d'arte, peraltro, in tutte le sue manifestazioni ha dovuto necessariamente confrontarsi, scontrarsi o attestare il ruolo dell'altra metà del cielo”. Eppure donne protagoniste, soggetti indiscussi di quadri, romanzi, sculture, poesie, brani musicali hanno sempre avuto come artista che le dipingeva, descriveva, scolpiva o ne componeva un testo con delle note una persona di sesso maschi                                                                             

Gli sviluppi della letteratura italiana nel periodo dell'Ottocento vanno considerati tenendo presenti due condizionamenti: da un lato il modello manzoniano quale esempio sia a livello stilistico che linguistico; dall'altro il filone nazionale e patriottico che caratterizzò gli sviluppi del Romanticismo per quanto attiene all'aspetto ideologico e tematico. L'ambito letterario fu condizionato da principi di utilità e funzione educativa e dalle regole linguistiche dettate dall'esperienza manzoniana, mentre il romanzo realistico che si era affermato soprattutto in Francia non trovò immediato riscontro nella penisola, a causa delle arretrate condizioni economico-sociali che la opprimevano. Lo spirito positivistico e scientifico si affermarono solo successivamente anche in Italia, in seguito al Naturalismo francese che ne aveva fissato i canoni con Zola e Flaubert. Da noi i maggiori esponenti furono Capuana, De Roberto e soprattutto Verga, autore di romanzi come I Malavoglia e Mastro Don Gesualdo, due dei capolavori del ciclo dei "Vinti".

Altri generi che incontrano discreto successo sono il romanzo popolare e la memorialistica: il primo di "connotazione "campagnola", con le opere di Percoto, Dall'Ongaro e Carcano, il secondo fondato su esperienze di vita vissuta, come Le mie prigioni di Silvio Pellico.

Ai giovani la letteratura offre in tale periodo la via per avvicinarsi al terreno dell'ideologia, dell'impegno attivo nella vita politica e nel rinnovamento del paese, anche attraverso l'esempio di uomini come Mazzini e Gioberti che se ne servirono per diffondere le proprie idee libertarie e unificatrici attraverso il duplice concetto fede-libertà.

Anche i nuovi gusti del pubblico determinano i generi letterari riorganizzandoli: il romanzo, in particolare quello storico, acquista un ruolo decisamente centrale. In esso si esprime un modo di narrare che comporta l'invenzione di personaggi collocati in una situazione storica precisa, dove lo scrittore si documenta e fornisce una sua interpretazione personale, un giudizio sul mondo che lo circonda, divenendo quindi un vero protagonista e non uno spettatore, capace di determinare e forgiare le coscienze.


 

  “I RUOLO DELLA DONNA NELLA NARRATIVA DI FINE Ottocento- INIZIO Novecento” di IVANA VACCARONI – Morlacchi Editore

Caro Lettore, arrivederci al prossimo appuntamento letterario.

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