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LA GUERRA TRA POVERI

di Sonia Serravalli

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Ciao a tutti.

Voglio raccontarvi una sventura recente che mi è capitata e l'inferno in cui sto vivendo, prima che diventi il mio prossimo libro e prima che "i mostri" possano architettare qualcosa di nuovo a tavolino per sbarazzarsi di me.

Amici, lettori, molti di voi già mi conoscono. Sono una persona che dice la verità a tutti i costi e non c'è nulla e nessun pericolo che mi possa deviare da questa mia natura. Vivo in Sinai dove conduco una vita che dire "felice" sarebbe dir poco, su un mare cristallino, con il mio compagno e due gatti che sono parte di me, come fa parte della mia anima quel posto, da otto anni e mezzo. Vivo una vita in stile Adamo ed Eva in un paradiso terrestre, possedendo quasi nulla. Quando torno in Occidente come in questo periodo, lo faccio o per visitare i miei cari e gli amici, o per necessità lavorative, dato che il turismo in Egitto era crollato gli ultimi anni, e con esso il lavoro. Solitamente, torno per lavorare come stagionale in un hotel (sette nella mia vita) e con quei pochi risparmi posso poi vivere per un altro anno in Egitto. Questa è stata da anni la formula con cui ho ovviato alla crisi economica e alla minaccia della perdita della serenità, allontanandomi per tempo dalla crescente guerra tra poveri del sud Europa. Ero una persona felice e non potevo lamentarmi, nella semplicità di quel mondo, avevo tutto quello che serve a un essere umano per definirsi soddisfatto e grato. Fino a questa stagione estiva.

In primavera, sono stata invitata ad accettare il posto di Manager di un ristorante-bar di nuova apertura in Montenegro. Avevano bisogno di una persona italiana, che conoscesse le lingue e che avesse già avuto esperienze nel turismo, di viaggio e di mondo. Erano due anni che faticavo a trovare un posto di lavoro o incappavo in fregature, nella vita "esterna" così come online. La persona che mi assunse aveva già avuto svariati contatti con la mia famiglia nell'arco di un anno o oltre, quindi nessuno di noi ha pensato di diffidare di lei, soprattutto di fronte al suo entusiasmo. Potevo aiutare degli italiani a realizzare un loro sogno all'estero: per me era un onore e un salto di qualità.

Dopo mesi di preparativi psicologici e pratici e con le lacrime agli occhi, ho dovuto separarmi per quattro mesi e mezzo da un amore, dai miei due piccoli mici e compagni di vita, dal mio appartamento, dall'eden in cui vivo, dal mare, dal deserto e dal paese a cui ormai appartengo. Mi è costato grande dolore e mi è servito grande equilibrio. Io e il mio compagno abbiamo iniziato a contare i giorni da subito, meno centotrentaquattro, e io a scrivere ogni evento e sensazione in una lunga lista di passi che mi avrebbero riportato a lui, già a partire da quel primo aeroporto. Ho pensato spesso alle madri sudamericane, che devono separarsi mesi o anni dai loro figli per andare a pulire le case degli statunitensi, o alle nostre badanti dell'est, nella stessa situazione, chiedendomi perché sia sempre necessario tanto dolore nel mondo.

A quel che mi diceva la mia titolare, avremmo dovuto partire a fine maggio. Per vari suoi ritardi, siamo poi slittate all'undici giugno. Così, sono partita con lei. L'accordo era quello di aprire a giorni, probabilmente un paio, e di farmi trasferire dopo una notte in un appartamentino vicino al locale. A parte il fatto che il mio appartamentino non l'aveva trovato nessuno e che la sua ricerca era ancora in alto mare; a parte il fatto che a causa di ciò ho dovuto dormire per cinque settimane in un cucinotto in condizioni non umane, con le valigie fatte, in comune con la mia titolare in dieci metri quadrati, c'è anche da dire che il locale stesso era molto deludente rispetto alle sue descrizioni in Italia. Non era sulla spiaggia ma su un canale più puzzolente di quelli di Venezia; i tanto decantati posteggi per gli yacht non sarebbero mai stati realizzabili in quel metro d'acqua che mi trovavo davanti; dalla fogna al nostro lato uscivano pantegane enormi e tra il bar e il ristorante all'aperto, sempre di nostra gestione, passava una strada trafficata, da attraversare ogni volta, che riempiva di smog non catalizzato il bar e cucina. Ovviamente, ho le foto per dimostrare tutto ciò che racconto, visto che a ogni viaggio ne scatto centinaia.

Ora, cercherò di essere breve perché la storia è talmente lunga e ricca di dettagli da riempire un libro, e lo farà. In meno parole possibili, vi dico

che l'apertura per cui questa persona aveva tanta fretta è slittata addirittura in piena stagione, al diciotto luglio;

che il personale non era mai stato selezionato e abbiamo dovuto accontentarci di gente senza esperienza o di scaltri furbastri ancora a spasso in piena stagione, personale del tutto sbandato, irrispettoso e indisciplinato che sarebbe poi ricaduto su di me, con varie angherie quotidiane;

che la mia titolare è partita per l'Italia il giorno stesso dell'apertura, e per l'ennesima volta, lasciandomi da sola a gestire un pseudo bar-ristorante con in dotazione ombrelloni marci e rotti, una cucina adibita a bar a non a ristorante in cui il cuoco doveva scegliere se usare e il frigo o il forno o sarebbe saltato tutto ogni volta (inoltre lui era a rischio), tavolini per il pubblico tutti smaccati, assenza totale di una donna delle pulizie e di divise obbligatorie per il personale, con le tovaglie per i tavoli contate e senza ricambi, senza illuminazione per il ristorante esterno la sera (di giorno no perché non c'erano ombrelloni, di sera no perché non c'erano luci);

che eravamo tutti a rischio di multa perché i documenti e i tesserini sanitari per il personale erano solo a metà strada dall'essere completati e anche perché la cassa non corrispondeva al menù o ai prodotti che ci arrivavano dai fornitori, di marca diversa, e in Montenegro la burocrazia non scherza, ma il tecnico di cassa non voleva più aiutarci perché non era ancora stato pagato, finché arrivammo al giorno in cui ce la bloccò del tutto...;

che abbiamo perso i fornitori, i quali, poiché non venivano pagati, giustamente dopo poco ci hanno girato le spalle e io ho dovuto rifornire il posto a forza di braccia, dal supermercato, due o tre volte al giorno;

che gli italiani attorno a lei non facevano altro, fin dall'inizio, che confabulare su come fregare meglio i montenegrini, dipendenti e fisco, sbandierare cene di pesce da trecento euro, pedicure da centocinquanta euro, macchine grosse, gioielli e foulard di seta da seicento euro;

che i miei stipendi venivano regolarmente posticipati con cento sempre attendibilissime scuse, ed essendo io e lei anche partite con un'amicizia, è normale farsi mille scrupoli e cercare di non infierire, soprattutto vedendo le difficoltà quotidiane che ci si aprivano davanti a nome suo - anche se purtroppo con la mia faccia...;

che mi sono trovata ad affrontare da sola creditori agguerriti, che venivano da me o che chiamavano allo smart phone (che ora detesto) aziendale a ogni ora;

che la mia titolare è stata nel suo locale in tutto cinque ore e mezza in una stagione, se le sommiamo, ma non mi aveva dato un solo giorno di riposo, e che quando ne ho preso uno in tutta l'estate, lei mi ha chiuso il locale in perdita alle spalle, avvisandomi solo con un SMS e iniziando a sfuggirmi per il Montenegro, a non rispondermi e a non volermi parlare da sola;

che sono così rimasta su una strada, senza internet per organizzarmi il viaggio di ritorno né una lira in tasca, tanto da pensare di chiedere aiuto all'Ambasciata Italiana di Podgorica.

Là eravamo circondati solo da ex mercenari, ladri e patricidi e nonostante la cattiva pubblicità che la mia titolare mi faceva dei montenegrini, perfino queste persone alla fine si sono preoccupate per me o mi hanno chiesto se avessi bisogno di aiuto. Ho una percezione degli italiani all'estero come dei più pericolosi personaggi incontrati in una vita passata tra sud America e Medio Oriente. Mio padre era pronto a venirmi a prendere in auto fin là, mentre io chiedevo alle coppiette in vacanza se avessero un posto per riportarmi indietro, ma trovavo solo persone venute in volo o gente che non aveva posto per i miei bagagli. Mi vergognavo, come mi sono vergognata per mesi davanti alle reazioni della gente al nostro marciume, alla nostra impreparazione, a quella follia e di fronte alla totale mancanza di rispetto di questi italiani verso il mestiere, un mestiere che come tutti richiede arte, studio, conoscenza, pazienza e umiltà, e loro non ne avevano la più pallida idea ma non si sono mai curati di farsela. Il menù stesso, scritto da lei senza nessuna base, si è rivelato una catastrofe. Non era stata fatta nessuna ricerca di mercato, e siccome sia lei che i suoi falsi amici delinquenti sono dichiaratamente fascisti e razzisti e non distinguono un montenegrino da un magrebino, nessuno si era curato di parlare con le persone, di studiare un anno o due prima di fare quel salto nel buio coi soldi, col lavoro e con le facce di altre persone. Il modo in cui la mia titolare parlava del personale era a dir poco retrogrado e disumano. Non ho mai assistito a tanta cattiveria gratuita in nessun animale al mondo se non nell'umano. Questi italiani (ovviamente non tutti) parlano del Montenegro come di un nuovo paradiso fiscale ed erano convinti di aprire qualunque cosa, senza nozioni, e che i soldi arrivassero a palate dai nuovi ricchi russi. Non si sono neanche resi conto di essere arrivati in ritardo di dieci anni dal boom, l'ho saputo io in due giorni, perché io parlo con le persone. Se vi chiedete perché io non sia rientrata in Italia prima, è perché la mia titolare mi aveva ricattata dicendomi che o mi fidavo di lei o mi avrebbe messa a casa subito, perché non si può lavorare con chi non si fida dei titolari (anche se gli stipendi non arrivano), e "a casa" in Italia sapete quanto sia difficile trovare un lavoro oggi, a maggior ragione quando avete davanti solo quattro mesi di tempo, la stagione (già a metà).

Questi italiani all'estero hanno lasciato tutti da pagare lasciandosi dietro tutte le tracce ben chiare e li stiamo ancora inseguendo (tra dipendenti, commercialiste, fornitori, proprietari dei mobili, ecc.), facendo pressioni in tutti i modi legali e più creativi e con l'obbligo di stare bene attenti a non passare dalla parte del torto. Senza quanto mi devono per aver lavorato come un mulo e in tutte le condizioni (per non parlare del prestito che avanza anche un mio famigliare vicino),  ci andrebbe di mezzo non solo il mio portafogli, ma la mia vita privata, tutta la mia famiglia (che dorme poco e male da mesi) e vedo allontanarsi anche la possibilità e il diritto di tornarmene a casa mia, lontano da questa guerra. Da quando sono rientrata in Italia, prendendo infine un volo last second dalla Croazia in un'alba in cui mi è sembrato di uscire da un sequestro, non faccio che assistere a casi simili in Italia e piccoli ma gravi furti quotidianamente, di italiani nullatenenti o quasi che rubano ad altri italiani, in condizioni spesso peggiori delle loro. Io avevo scelto di stare fuori da questa lotta. Adesso, grazie a un paio di delinquenti, mi ci trovo dentro, bloccata, e oltretutto scopro che in Italia è già guerra - perché non si può più parlare di sola lotta. C'è in atto una guerra tra poveri e le fregature lavorative prese nei miei ultimi due anni, fino ad arrivare all'apoteosi che è questa, non erano solo coincidenze.

Ora, io vi posso solo lasciare immaginare la rabbia che vivo, ricordandovi inoltre che non sapete tanto, che dovrei scrivere per giorni per raccontare i giochi diabolici che ho visto fare a queste persone. Le reazioni diaboliche della mia titolare, che dopo essersi comportata da signora per mesi, da offendersi per la mia "mancanza di fiducia" quando le chiedevo dei miei stipendi, ora a fine stagione ho sentito affermare, a terzi e con la sua voce, che io ho dei problemi mentali e che sono già stata sistemata. Non è solo rabbia. E' una specie di sgomento, di mancanza di fiato. Ho sempre saputo che queste persone esistono, ma vederle in atto e sentirle con le proprie orecchie è una sensazione difficile da descrivere. Ora, io credo di avere rischiato anche la pelle in Egitto, quando durante le due rivoluzioni scrivevo liberamente, e da là, le informazioni non diffuse che raccoglievo e quel che pensavo apertamente. Certamente, non riesco neanche a concepire l'idea di darla vinta a persone così adesso. Prego perché la giustizia trionfi, in un paese in cui mi trovo quotidianamente a leggere o ad assistere a ingiustizie non tollerabili se non in un nuovo Medio Evo. E sono consapevole che ci siamo dentro fino al collo. Vengono assolti ladri, assassini, e quando hai bisogno urgente e sei un cittadino onesto e lavoratore, per te non può fare niente né un avvocato né la Polizia, perché non hai mai abbastanza in mano per dimostrare quello che è sotto gli occhi di tutti, e se ce l'hai, non hai i fondi per finanziare il loro lavoro. Ero orgogliosa di me per essermi trovata a riuscire, a sorpresa, a reggere un'azienda sulle mie sole spalle, in un paese di cui non parlo la lingua, facendo per quattro ogni giorno - dalla gestione del conto in banca e delle commercialiste alla pulizia del bagno, perché nessuno si degnava e comunque la titolare era sempre in Italia a "smobilitare fondi" che nessuno ha mai visto. Ma sono ancora più stupita di me adesso, che anche da esausta lotto una lotta quotidiana fatta di colpi continui e ben assestati di attacco e difesa, di contrattacco, tentativi, raccolta di informazioni, ancora nuovi passi, senza paura e con grande partecipazione dei miei cari e di alcuni grandi amici, grandi anime... E sono ancora più stupita che la mia salute regga ancora e che il mio fisico sia tanto tenace e resistente. Ma sento anche che per verità e giustizia sarei pronta a perdere tutto, che non riesco ad arrendermi, che sono qui per non farlo, altrimenti la mia stessa esistenza non avrebbe senso. Faccio solo quello che posso, ma quello che posso devo farlo tutto.


Vi ho raccontato tutto questo per un paio di ragioni. 1) perché la mia non è solo una guerra che riguarda il mio caso privato, ma perché pochi italiani hanno ancora il lusso di non avvertire che, anziché esserci uniti in una bella resistenza anti-fiscale, ci stiamo facendo la guerra tra di noi e a me che scrivo preme tenere all'erta le coscienze; 2) perché qualunque cosa mi capiti o questi "mostri" stiano architettando per risparmiare qualche migliaio di euro, voi sappiate la mia storia. Sono capaci di tutto, oltre che si tradiscono anche tra di loro alle spalle: ho assistito all'assenza assoluta di morale e di empatia con i miei occhi e con le mie orecchie dunque nulla mi impedisce di pensare che un limite di buon senso non ce l'abbiano. Poi, la condivido qui perché vi rendiate conto di cosa tanti italiani all'estero vanno a fare, sentendosi furbi, con l'intenzione di fregare dall'inizio, non solo noi ma il paese ospitante, cosa che trovo ancora più grave - raccontandovi poi qui che là gli va a gonfie vele e che stanno facendo i soldi. E di come molti italiani all'estero (ne ho visti altri disgraziati tra l'Egitto e il Messico) infanghino ulteriormente il nostro paese, e lo facciano con la nostra faccia, con la faccia di chi è onesto e va via, lasciando tutto, solo perché gli è stato promesso un posto di lavoro.


La questione solleva interrogativi che sono come valanghe. Un giorno ringrazierò questa donna per lo show. Perché vivere all'inferno, dovendo ogni giorno difendersi dalle persone oneste che combattono per i loro diritti creando nuove montature e menzogne, ogni singolo giorno, quando dire la verità e chiedere scusa sarebbe così tanto più semplice? In quale dannato inferno vivono, dentro, queste persone, a confronto della felicità semplice che ho avuto la grazia di conoscere io, per esempio, agli antipodi dei loro bisogni? Perché gli italiani onesti permettono questo? Manco venissimo da un brutto paese... un paese che non vale la pena difendere. Perché la gente onesta ha così tanta paura in Italia, in un paese in cui non vige neanche la pena di morte e non si utilizza la tortura? Sono italiana ma ogni volta che torno resto basita. Il cambiamento in Italia di anno in anno è stato eclatante, velocissimo. Mi fa sorridere chi ha paura dell'Egitto, sarei pronta a tutto per riuscire a tornare là e lasciare questo nostro, vostro, inferno. Il mondo è davvero diverso agli occhi di ciascuno. Ma quando la gente delinque, la verità resta una sola e non abbiamo scusanti per non gridarla ai quattro venti, costi quel che costi.

Voglio tornare a vivere dall'altra parte del tao.


 

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