E poi mi dici
il deserto brucia ogni ragione.
Restano vette appuntite
incagliate sottopelle
e in fondo agli occhi.
Davanti, spalancata,
valle rossa come un film
di carovane e misteri.
Lì mi conduci,
spirito western che spacchi l’oriente
mentre ti guardo.
Eri raggiante quel giorno:
l’oasi dell’oblio accoglieva
un silenzio di immensi paralleli
e lo scalpore del tuo abbraccio.
Ti amo uomo,
ti amo sole,
presenza sconosciuta
di un’assenza a cui sono assuefatta –
tossicodipendente perenne
della tossina che abita la tua voce,
e la tua pelle dura,
e quei silenzi di cui da sempre componi
oceani e deserti.
Una brezza di Sahara intesse le palme.
I respiri. La sobrietà remota.
Ti dico che qui
evaporano i muri e i problemi,
ti dico grazie e tu ridi.
Inarrivabile mistero
delle mie fiabe di bimba.
Principe azzurro, e bianco, e nero,
che sfidi ogni condanna all’infanzia.
Sensuale pianeta a se stante,
che se accarezzo scompare
o si trasforma in sabbia, in serpe,
in manna delle mie insonnie,
in mio intoccabile imperatore.
Mia agonia.
Quando sorridi
si frantuma la sostanza di ogni legge.
Uomo unico e infinito,
ripetuto in mille altri corpi e voci,
panorami pionieri e pagine,
fatica e strada, tanta strada.
Nessuno di voi
sa di esser stato il corpo e l’anima
di un’occultata poesia.