Gli animali vanno amati, non indossati. Il business delle pellicce.
Sempre più allarmante il bilancio del mercato internazionale della pellicceria, in termini di animali uccisi
Perché ogni Paese civile che si rispetti non può permettere tali aberrazioni, perché ogni essere umano se vuole realmente considerarsi tale, deve battersi con tutte le sue forze con ogni mezzo per porre fine a tali atrocità.
Ogni anno milioni di animali vengono scuoiati vivi in Cina, da manodopera a basso costo, per arricchire il mercato internazionale delle pelliccerie in particolare quello d”Italia, Europa, Stati Uniti, Giappone, Corea e Russia.
Il business della pelliccia è un’industria miliardaria che incassa i suoi massimi profitti nelle ricche boutique dei centri cittadini.
Questi poveri animali indifesi muoiono tra atroci sofferenze e alla fine, quando la pelliccia viene staccata dalla testa dell'animale, i corpi nudi e sanguinanti vengono gettati sopra il mucchio di quelli che se ne sono già andati.
Alcuni sono ancora vivi, respirano con rantoli affannosi sbattendo lentamente le palpebre e i loro cuori battono ancora per un lasso di tempo che va dai 5 ai 10 minuti.
I consumatori devono conoscere tali atrocità e rifiutarsi di acquistare tali prodotti, specie se privi di etichetta che indichi il paese produttore e la specie animale.
Quali sono gli animali trucidati per la loro pelliccia?
- L’ermellino (catturato con lastre di ferro ricoperte di grasso che una volta leccato incolla la lingua dell’animale)
- Il leopardo (una volta in gabbia viene ucciso barbaramente inserendo una lunga sbarra di ferro arroventata che viene spinta fino ai polmoni)
- Cuccioli di foca (bastonate e scuoiate VIVE, per motivi di morbidezza della pelliccia, di fronte agli occhi delle loro madri)
- Visoni (vengono uccisi fracassando il cranio)
- Volpi (uccisi utilizzando degli elettrodi, uno nell’ano e l’altro nella bocca in modo che l’irrigidimento dell’animale renda il pelo più morbido e voluminoso)
- Conigli e agnelli (appesi con un gancio per i tendini e scuoiati vivi)
- Cincillà (rotto l’osso del collo per mezzo della rotazione della testa di mezzo giro)
- Agnellini persiani (estratti dal ventre materno uccidendo la madre e scuoiati vivi).
Il business delle pelli “comporta la sofferenza e la morte di circa 70 milioni di animali ogni anno”. L'approvvigionamento di pellicce avviene per l'85% da allevamenti e per il 15% da catture in natura, mentre dagli allevamenti europei proviene il 60% delle pellicce commercializzate nel mondo.
No alle pellicce di cane e di gatto.
L’articolo 2 della Legge 189/2004 (la famosa legge antimaltrattamento) introduce il divieto, in Italia, di produrre, confezionare, commercializzare e importare pellicce di cane e gatto nonché capi d’abbigliamento e articoli di pelletteria derivanti da essi.
Per la precisione, la Legge così dice:
1. È vietato utilizzare cani (Canis familiaris) e gatti (Felis catus) per la produzione o il confezionamento di pelli, pellicce, capi di abbigliamento e articoli di pelletteria costituiti od ottenuti, in tutto o in parte, dalle pelli o dalle pellicce dei medesimi, nonché commercializzare o introdurre le stesse nel territorio nazionale.
2. La violazione delle predette disposizioni è punita con l’arresto da 3 mesi ad un anno o con l’ammenda da 5.000 a 100.000 euro.
3. Alla condanna consegue in ogni caso la confisca e la distruzione del materiale di cui al comma 1.
Finalmente anche l’Italia dice basta alle pellicce di cane e di gatto. Con la Legge 189/2004 si rende definitiva un’ordinanza ministeriale di alcuni anni fa, che aveva dato una risposta immediata all’indignazione suscitata nell’opinione pubblica italiana dallo scandalo dell’importazione e della vendita di pelli di cani e gatti.
Ogni anno, infatti, nei paesi extracomunitari (asiatici e Cina in primo luogo), decine di milioni di questi animali vengono catturati e scuoiati con sofferenze atroci.
http://m.youtube.com/watch?v=ruDVgR6zIf