Un italiano su tre afferma di lavorare grazie ad una raccomandazione.
Segnalazioni, suggerimenti, nomi e cognomi detti al momento giusto e alla persona giusta. L’Italia dei raccomandati funziona così. Ma quante sono nel nostro Paese le persone che devono il proprio posto alla cosiddetta spintarella? La raccomandazione in Italia è ancora il canale principale per entrare nel mondo del lavoro.
In un momento di crisi come questo soprattutto i giovanissimi potrebbero essere più vulnerabili e disposti a entrare nel sistema viziato delle raccomandazione.
All’estero, la raccomandazione, è un concetto sano, se qualcuno decide di sponsorizzarti lo fa perché sei bravo, perché crede in te, e ci mette la faccia insieme a te. In Italia è tutto l’opposto: ci si sente più forti se si riesce a piazzare uno che bravo non è. Il “benefattore”, poi, lavora nell’ombra, contribuendo ad alimentare un sistema che è parte della cultura del Bel Paese. Un problema che non è legato soltanto alla classe politica perché in Italia alle raccomandazioni si ricorre per tutto, dal posto di lavoro al permesso per il parcheggio sotto casa.
L’Italia ormai lavoro sotto raccomandazione, e a darne l’esempio sono sopratutto coloro che governano.