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ITALIANI NEL DESERTO

E due alieni a cavallo

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Oggi non potevo credere ai miei occhi e ai miei sensi. Per evitare un gruppo di russi che facevano caos, coi cavalli siamo andati oltre Wadi Gunai, dove un’altra oasi si stringe tra le rocce formando un canyon, in cui in una scena surreale ci siamo trovati immersi in un’invasione di italiani in mezzo al deserto proprio adesso che l’Egitto è deserto.


Siamo passati in mezzo a loro a cavallo come dei personaggi usciti da un film, salutandoli in italiano, e quando mi hanno sentita e hanno scoperto che sono un’italiana DOC hanno iniziato a riempirmi di domande mentre procedevamo, a farmi foto con piccoli computer, addirittura a gridarmi complimenti… E ho visto che quando una donna ha sentito che parlavo arabo con il mio insegnante, bell’uomo dalla pelle color bronzo, è rimasta allibita, mi ha chiesto dove l’ho imparato, se qui o studiandolo, poi ho visto che alla mia stringata risposta lei è rimasta appesa a bocca aperta, come se avesse voluto ascoltare il racconto di tutta la mia vita. Ma noi continuavamo a procedere a cavallo lasciando tutti pieni di meraviglia.

E’ stato sintomatico per me: dopo tanto spiegare, le mie storie hanno seminato indietro la gente che non sa e i semplici turisti, i passanti, i conoscenti a distanza. Non c’è più né il tempo né il modo di raccontare, così meglio dire solo: “Sì, ho imparato l’arabo qui dalla gente”, sapendo che una cosa del genere, incontratici come visioni nel deserto del Sinai, in un paese ancora più deserto, non fa che aprire altre mille domande. Ma come, ma non vieni da un altro posto? Che ci fai qui e da quando ci sei? Qual è la tua professione? Come vivi? Ho visto tutte queste cose negli occhi smarriti di quella signora a bocca aperta, e di fronte alla velocità della mia vita mi ha fatto tenerezza. Una volta avrei voluto che una persona così mi lanciasse un lazzo per fermarmi, tirarmi giù dal cavallo e riportare la vita alla “normalità” più nota. Adesso non penso neanche a guardarmi indietro, sono andata troppo oltre, trascinata dalla mia felicità.

So che la si può vedere irradiarsi da ogni poro: gli uomini non smettevano di fotografarmi e mi facevano domande poco furbe sul cavallo (“è un cavallo arabo?”) mentre cercavano un filo per comunicare. Poi, hanno fatto caciara lungo tutta la valle, vestiti troppo bene per trovarsi in mezzo al Sinai - puliti, colorati, stirati, tecnologici. Qualcuno di loro mi ha chiesto addirittura dove potesse trovare dell'acqua, manco fosse Indiana Jones nel deserto da settimane... E’ stato molto divertente.


Raggiunta Wadi Gunai, siamo andati in un posto invisibile a tutti ad ascoltare il silenzio.

 

(Altri scritti e info qui: https://soniaserravalli.wordpress.com)

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