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"Giorgio Serafini, il Regista che stuzzica la curiosità e colpisce al cuore!"

"Laura, il mio primo pensiero, il motore essenziale della mia esistenza!"

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Sceneggiatore, regista, ma soprattutto un uomo di spiccata sensibilità ed intelligenza.

Parliamo di Giorgio Serafini, ricordate "Orgoglio", la serie tv su Rai 1? Beh...oggi vi presenteremo proprio il regista, colui che lo ha portato al successo grazie anche all'interpretazione di un cast eccezionale composto da  Daniele Pecci, Elena Sofia Ricci, Franco Castellano etc. in una trilogia indimenticata!

Ma chi è Giorgio?

Nasce a Bruxelles, il 3 aprile 1962, da famiglia italiana e vi rimane fino all'età di 23 anni. Serafini consegue il suo diploma presso la Scuola Europea di Bruxelles I. Si iscrive poi presso la facoltà di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all'Université Libre de Bruxelles, dove acquisisce la laurea con la Massima Distinzione (con lode).

Comincia a lavorare in Italia, e nel 1990 ha scritto e diretto il suo primo lavoro professionale, il documentario Les murs de sable (Le mura di sabbia) sui prigionieri italiani in Texas durante la seconda guerra mondiale nel campo di concentramento di Hereford. Il tema di questo documentario fu la base del film Texas 46 (a.k.a. "The Good War") con Roy Scheider e Luca Zingaretti che Serafini ha diretto nel 2001.

Serafini dal 1994 vive a Los Angeles con sua moglie LaDon Drummond e il loro figlio Johnny Sinclair, nato nel 2008 durante le riprese della serie per Rai Uno Il bene e il male.

È diventato cittadino americano nel 2004 mantenendo entrambe le nazionalità.

Nel 2005, mentre completava le riprese della terza serie di Orgoglio, Serafini perde sua figlia Laura, di 13 anni, in un incidente acquatico. Laura riposa al cimitero Hollywood Forever.

Tra i lavori americani ricordiamo la sceneggiatura del TV movie A Song From the Heart con Amy Grant e Keith Carradine. Nel 2009 Serafini torna a dirigere una serie in costume, Il falco e la colomba, per Canale 5. Ha inoltre ultimato "Game Of Death" con Wesley Snipes, uscito nel 2010 in cui tra l'altro recita anche la moglie LaDon Drummond nel ruolo di Jane. Nel 2014 dirige "Hard Rush" con Dolph Lundgren

L'Intervista che ci ha gentilmente concesso.

Quando ti sei accostato per la prima volta al mondo artistico?

Non ricordo un avvenimento particolare. L'arte è sempre stata parte integrante dell'ambiente nel quale sono cresciuto. Sono italiano ma sono nato e cresciuto a Bruxelles, una città culturalmente molto dinamica. Solo la sua posizione geografica ci permetteva di essere in contatto immediato con quello che accadeva nel resto dell'Europa. Già negli anni '70 potevo vedere canali televisivi di molti paesi europei (UK, Francia, Germania, Olanda, Italia...ecc.) e quindi essere esposto a idee e culture diverse, cosa che all'epoca era impensabile in Italia.

Qualsiasi gruppo rock, qualsiasi spettacolo che era in tourné faceva tappa a Bruxelles. Inoltre c'è uno spettacolare Museo del Cinema che considero la mia scuola. Per tornare alla tua domanda direi che il primo tentativo di raccontare una storia in immagine l'ho fatto a nove anni con un amico d'infanzia. Ci divertivamo a filmare delle storie con la cinepresa Super8. Il mio primo corto-metraggio semi-professionale l'ho girato quando studiavo all'università e l'ho finanziato lavorando come receptionist in un albergo.

Cosa ti spinge a continuare questo percorso?

Mi piace raccontare storie che colpiscono l'immaginazione dello spettatore. Storie che possano farlo riflettere e che lo emozionino. È un privilegio sapere che le storie che ho raccontato in immagini siano state viste da milioni di spettatori. Il fuoco interiore è sempre lo stesso, quando scrivo, quando curo la regia di un film, quando registro una canzone. Credo che sia lo stesso fuoco che si accende in tutte le persone che hanno l'incredibile privilegio di guadagnarsi da vivere facendo quello che amano fare. Non è una questione di soldi, ma di libertà.

È il fatto di sapere che il lavoro non resterà in un cassetto, ma sarà visto, esportato, richiesto. Non sono un artista "torturato", ma "aperto". Ho bisogno del confronto con il pubblico. Se questo confronto viene a mancare vuol dire che ho fallito. È un discorso difficile da calibrare perché è difficilissimo mantenere l'equilibrio tra la creazione artistica originale e l'apprezzamento del pubblico. Per me è una necessità. Non detengo una realtà, non insegno nulla a nessuno, voglio solo stuzzicare la curiosità e colpire al cuore. Sono spinto da un'insaziabile desiderio di aprire un discorso.

Il tuo primo giocattolo da bambino, qual è stato e quale pensiero ti viene in mente ricordandolo?

Il telefono con gli occhi della Fisher-Price. Quello che trascini con una cordicella. Aveva gli occhi che si muovevano continuamente da destra a sinistra e pensavo: "Ma st'animale non riesce proprio a concentrarsi su nulla!" Scherzi a parte: guardarsi attorno deve essere una necessità per ognuno di noi, ma quando si trasforma quello che si immagazzina in un lavoro artistico bisogna essere estremamente concentrati e puntare solo alla meta, senza distrazioni.

Hai una bella famiglia, oltre al successo professionale, quali consigli daresti ai tuoi figli qualora volessero intraprendere la tua carriera?

Sii pragmatico, figlio mio. Ovverosia, cerca di capire con esattezza quello che stai facendo. Ci sono conseguenze alle scelte che si fanno nella vita e bisogna affrontarle senza lamentarsi. Capisco che quando si è adolescenti si sogna di gloria e di rivoluzionare il mondo ma non scordiamo che Kafka era un agente assicurativo e Magritte un impiegato di banca. A ciascuno la sua scelta. L'unica cosa che non voglio sentire sono lamentele per le scelte fatte. Non sopporto le lamentele che sento da tanti attori italiani: "Se non conosci un uomo politico non puoi farcela." È un'offesa aperta. Io non conoscevo nessuno in Italia quando sono stato scelto per curare la regia di "Orgoglio". Per quanto riguarda il sistema politico italiano è meglio che non mi esprimo. Basta dire che sono cittadino di un'altra nazione per scelta. Il vittimismo non è nelle mie opzioni. Se veramente è cosí in Italia si hanno due scelte: fare la valigia o la rivoluzione. La famiglia è la cosa più bella che ho e sacrificherei tutte le mie ambizioni se fossi confrontato con una scelta.

La prima parola che dici "a voce alta" appena sveglio.

"Ancora qui?" Che si traduce con: muoviti, fai qualcosa, forzati a raggiungere gli scopi che hai stabilito. Scrivi, spingi un progetto, chiama i produttori, inventa una nuova opzione... Sono in un periodo molto felice della mia vita. Lavoro tanto. Da quando ho lasciato il mondo della televisione italiana a fine del 2009 ho diretto 7 lungo-metraggi e mi appresto a dirigerne altri due. Sto scrivendo un romanzo e componendo il materiale per il CD del mio nuovo gruppo. L'importante è non fermarsi, mai lasciarsi abbattere dalle difficoltà.

Ringrazieresti qualcuno per il successo ottenuto?

La lista è lunghissima. Troppo lunga. Vorrei ringraziare tutti gli artisti che mi hanno influenzato e tutte (quasi) le persone con le quali ho lavorato. Sicuramente vorrei ringraziare Goffredo Lombardo, presidente della Titanus. Ultimamente devo ringraziare Gianni Capaldi, un fratello. Gianni è l'attore/produttore italo/scozzese con il quale ho fatto i tre films con Dolph Lundgren. Credevo di essere un tornado sempre in piena attività, ma è nulla in confronto a Gianni. Non si ferma mai!

Cosa non rifaresti "mai" se potessi tornare indietro?

Lavorare con produttori fortemente appoggiati da uomini politici. Non è un buon binomio. Si traduce inevitabilmente con incapacità, presunzione e cattivi risultato. Mi è successo più volte con produttori "amici" di entrambe sponde politiche. I risultati sono sempre stati catastrofici e dettati da un'enorme presunzione. Non ho fatto nomi! Non ho neppure detto in quale nazione ciò accade!

Mamma e papà, quanto hanno influito sulle tue scelte da adulto?

Mio padre e mia madre mi hanno mostrato delle possibilità (piuttosto limitate). Io ho scelto la strada.

La tua città d'origine qual è e cosa ricordi di lei?

La mia città d'origine è Bruxelles. La mia cultura d'origine è quella italiana. La nazionalità che ho scelto è quella americana. Ora vivo tra Los Angeles e Austin, TX. Ho tante cose positive da dire su Bruxelles (eccetto la pioggia). È una piccola capitale estremamente cosmopolita, vicina a Londra, Parigi, Amsterdam… ecc. Una città culturalmente ricchissima. Ho scelto l'America per i grandi spazi - non solo geografici ma anche interiori. È un paese ricco di contraddizioni e con tanti difetti, ma è un paese che permette di essere giudicati per il proprio valore. Avrete notato che ho evitato la parola "artistico". Qui tutto è pragmatico. Se i tuoi prodotti generano un guadagno continui a lavorare, altrimenti… Nessun uomo politico può aiutarti più di tanto.

Un pensiero a........................

A mia figlia Laura che è deceduta alla giovane età di 13 anni nel 2005. Un dolore che non si attenua mai. Benché un avvenimento tristissimo, è anche il motore essenziale della mia esistenza. Non c'è modo più duro per essere periodicamente ricordato della propria mortalità. Un ricordo che traduco con massime di vita: bacia tua moglie e tuo figlio quando ti svegli, gioca con loro, fanne parte integrante della tua esistenza, ascolta chi ti vuole parlare, leggi giornali e libri, innamorati del mondo ogni giorno, dimentica i tuoi nemici, ricorda gli amici, meravigliati dei regali che ti sono fatti, apri gli occhi, non farti opinioni istantanee... Il mondo ha già troppi opinionisti!

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