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Giuseppe Sansonna: La mia sfida paradossale dedicata a Carmelo Bene!

"Ventriloquo", forse un film!

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Una persona in grado di emettere una o più voci senza muovere i muscoli facciali, illudendo lo spettatore che la voce sia emessa da qualcos'altro, ad esempio un pupazzo...

Chissà come sarebbe stato il film di Carmelo Bene "Ventriloquo" se non fosse stato "macerato" dalla Rai...!

Franco Citti è il primo personaggio incontrato da Giuseppe Sansonna per questo suo progetto. Il primo corpo di cui Carmelo Bene è diventato ventriloquo.

Parliamo dell'astigiano Giuseppe Sansonna, laureato al DAMS di Torino con una tesi sul cinema di Carmelo Bene, ha collaborato con la trasmissione Fuori Orario di RaiTre.

Autore di cortometraggi e documentari, fra cui, oltre al fortunato Zemanlandia, Frammenti di Nairobi (su una bidonville kenyana), A perdifiato (su Michele Lacerenza, il trombettista dei western di Sergio Leone) e Lo sceicco di Castellaneta (sul mito di Rodolfo Valentino).

Partecipa, in veste di critico cinematografico, alla trasmissione Melog di Gianluca Nicoletti, in onda su Radio 24. Ha collaborato con il quotidiano “Pubblico”, agli inserti “Orwell” e “Socrates”.

Ha scritto per il “Il manifesto” e “Il mucchio selvaggio”...

E oggi l'abbiamo intervistato per voi, lettori del nostro quotidiano online!

-Quando ti sei accostato per la prima volta al mondo artistico?-

"Fin dall'infanzia, dall'approccio ai fumetti e i cartoon, sono ossessionato dal racconto per immagini, dalla scomposizione e rielaborazione del reale. Le prime sequenze devastanti, che mi hanno definitivamente annesso al cinema, sono la morte di Ettore Garofolo in Mamma Roma, sul letto di contenzione, l’apparizione di Kinski, Nosferatu per Herzog, col vampiro Kinski e Totò baby, parodia horror più feroce e perturbante dell’originale, perché inaspettata..."

-E come mai continui questo percorso?-

"Mi lega a questo percorso la smania di cogliere sintomi del mio tempo, e il tentativo di cristallizzarli in sequenze filmiche, consapevole di quanto sia effimero l'intento. Però, a tratti, ho la sensazione che certe emozioni, se si è lavorato bene, permangano, nel tempo."

-Chi vorresti ringraziare per questo?-

"I miei genitori, primi e reali produttori. Poi Zeman, che pazientemente si è lasciato raccontare a più riprese, dandomi un'enorme visibilità. E vari amici, che mi hanno dato contributi umani e professionali impagabili. Un ringraziamento speciale va ad una persona, Giulio Saccardi. Non mi conosceva di persona, eppure ha voluto inviarmi mille euro per realizzare un cortometraggio. Ascoltandomi parlare di cinema alla radio, “aveva percepito la mia passione”. Una storia meravigliosa, ai limiti dell’incredibile."

-Raccontaci un aneddoto...-

"Risale al secondo documentario su Zeman, “Due o tre cose che so di lui”. Un momento irripetibile e illuminante è sfuggito alla nostra telecamera, in quell’istante puntata sul campo. Il Foggia stava perdendo tre a due la partita decisiva con la Ternana. Una sconfitta avrebbe sancito l’addio al traguardo stagionale, gli spareggi per la serie B. Un pareggio avrebbe tenuto in vita flebili speranze.

Scocca il novantacinquesimo. Il centravanti rossonero Sau salta il portiere e tira. La palla, lenta e beffarda, lambisce il palo ed esce. Io sono in piedi, vicino alla panchina. Mi abbandono a una disperazione munchiana, incollando le mani alle tempie. Zeman volge le spalle al campo e incrocia il mio sguardo angosciato. Mi studia per un istante, come la prima volta che ci siamo visti. Poi si schiude in un sorriso giocondesco."

-Per ritenerti soddisfatto con chi vorresti lavorare?-

"Un desiderio già esaudito. Vorrei lavorare con amici che stimo moltissimo, e già lo faccio..."

-Se potessi tornare indietro, cosa non "rifaresti"?-

"Gli unici rimpianti riguardano la gestione economica dei miei lavori, in passato. Ma non potevo fare altrimenti: ero giovane, costretto a tenere il coltello dalla parte della lama."

-Parlaci del tuo ultimo progetto...-

"Il mio prossimo progetto è un film su Carmelo Bene. Un film che nasce da una sfida paradossale. La voce di Bene, autentica e inedita, entrerà in collisione con un immaginario filmico interamente ricostruito, impostato sulla soggettiva beniana. Sullo schermo scorrerà l’ipotesi di ciò che Bene ha visto o creduto di vedere. Si susseguiranno lunghi carrelli, piani sequenza di ampio respiro, ricchi di movimenti interni. Affollati di volti e luoghi salentini, rimasti immutati nel tempo, molto simili a quelli che hanno popolato l’infanzia beniana. Il linguaggio filmico tenderà a mimare il processo mnemonico. Una memoria attiva, evocativa, dichiaratamente aperta a deformazioni immaginifiche, sospesa tra lirismo e ineluttabilità del grottesco. "

-Come ti definisci?-

"Uno che non cede (se non davanti all’estinzione fisica)."

A domani, su Stelle di Giorno, per un'altra intervista...un'altra emozione!

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