La differenza salariale tra uomo e donna è una questione molto dibattuta negli anni recenti. La società odierna, infatti, denuncia costantemente questa mancanza di equità nel trattamento salarialetra i due sessi ma, se in alcuni settori si stanno facendo dei passi in avanti per colmare questo divario retributivo di genere, in altri pare che ci sia un abisso incolmabile, come nel caso del mondo del calcio.
Gender pay gap Serie A: perché le calciatrici guadagnano meno dei calciatori?
Lo scorso anno l’Osservatorio Betway ha condotto una ricerca dal titolo “Lavorare nel mondo del calcio: ecco quanto si guadagna”, grazie alla quale è stata dimostrata l’enorme svalutazione delle prerogative tecniche di un’atleta. Nello specifico, lo studio ha evidenziato le differenze di stipendio medio tra le giocatrici di Serie A e un magazziniere: le prime ricevono in media circa 1.200€, mentre il salario medio dei secondi si aggira sui 1.600€. Senza nulla togliere all’essenzialità di entrambe le figure lavorative, la differenza in sfavore delle donne è assolutamente incisiva.
Ma non è finita qui. La ricerca, infatti, ha messo a confronto la stessa professione: da un lato, un giocatore di Serie C, che in media guadagna 2.500€ al mese; dall’altro, una giocatrice di Serie A di calcio femminile italiano, che guadagna la metà del collega. Da questo paragone si riesce a comprendere ancor più quanto grande sia la penalizzazione economica che la donna calciatrice subisce a parità di professione con un uomo (anzi, in questo caso, sebbene giochi in una serie più alta).
L’indagine dell’Osservatorio Betway prosegue evidenziando la differenza di stipendio medio annuo tra i professionisti della Serie A e le professioniste di Serie A: secondo le statistiche pubblicate dalla FIGC nel 2020, i calciatori “di almeno 24 anni e con almeno un’esperienza pregressa nel massimo campionato”guadagnano circa 1,5 milioni di euro lordi all’anno (i calciatori più famosi arrivano a guadagnare anche 20 milioni di euro annui), mentre le calciatricidi Serie A guadagnano 34 volte meno dei colleghi uomini. Secondo l’Associazione Italiana Calciatrici Professioniste, infatti, una calciatrice in Serie A percepisce un salario medio annuo minimo di circa 30.000€ e massimo di 50.000€ all’anno.
Questo confronto evidenzia quanto sia grande la portata del gender pay gap, che erroneamente viene giustificato dalla differenza di visibilità e interesse che suscitano i due campionati. Ma se è vero che la Serie A maschile interessi esosi proventi pubblicitari legati all’aspetto mediatico, è altrettanto vero che la Serie A femminile attiri a sé degli investimenti e delle attenzioni economiche degne di considerazione, secondo quanto dimostrato anche nel settore dei pronostici calcio sicuri, merito della grande visibilità e del riconoscimento a livello mondiale che sta guadagnano il calcio femminile.
Piuttosto, queste differenze economiche sono frutto di un sistema calcistico iniquo e decisamente sproporzionato e che non danno il dovuto valore e rispetto alla professionalità delle calciatrici, in qualsiasi serie giochino.
Da questa riflessione, l’Italia è giunta a un grande traguardo: il prossimo luglio la normativa italiana riconoscerà ufficialmente l’attività di calciatrice come professione a tutti gli effetti (come avviene in Svezia e in Norvegia già da anni), per la quale le giocatrici di Serie A non dovrebbero essere piùvittime di svantaggi economici a causa dell’enorme disparità di genere nel mondo del calcio.
Calcio femminile: la parità di genere negli stipendi
Un tema così sensibile come il gender pay gap è stato più volte riportato in auge senza ottenere buoni risultati ma, al contrario, attirando critiche. Circa 6 anni fa, ad esempio, l’allora sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi aveva mostrato soddisfazione e buoni auspici con un tweet che riportava una notizia positiva per le calciatrici della nazionale norvegese: il loro stipendio sarà uguale a quello dei colleghi maschi, i quali hanno accettato di ridursi lo stipendio per incrementare quello delle colleghe.
Al tweet di Maria Elena Boschi era seguita la sua promessa di porre questo tema così importante all’attenzione del Ministro dello Sport Luca Lotti, per dare una svolta alla differenza salariale anche in Italia, dove la FIGC investe ogni anno 3,5 milioni di euro nel settore femminile (gestito dalla Lega Nazionale Dilettanti), ossia meno della metà di quelli investiti dalla Norvegia per lo stesso settore.
Una differenza di salario che potrebbe essere colmata nella stessa modalità avvenuta in Norvegia, anche perché i calciatori italiani si erano già dimostrati aperti a questo taglio del loro salario quando, nel 2016, dietro proposta dell’Associazione Italiana Calciatori, avevano devoluto il 10% dei loro compensi per le gare disputate in Nazionale a un fondo destinato ai calciatori disoccupati.
Questa grande disparità di stipendio tra calciatori e calciatrici che esiste a livello mondiale va necessariamente ridotta, anzi equiparata al più preso, anche perché il calcio femminile guadagna sempre più visibilità, interesse, riconoscimento e sostegno economico in moltissimi Paesi.