Pensare di classificare il lavoro secondo la logica delle caste equivale a dividere le persone per razze, sesso o colore dei capelli.
La persona si qualifica in quanto persona, il lavoro, in quanto lavoro, è ciò che alla persona permette di esprimere la sua libertà e dignità.
Negare il diritto al lavoro significa negare il diritto alla libertà e alla dignità. La demagogia “borghese” ci porta a dire: uguali diritti uguali doveri, ma senza lavoro vengono a mancare i presupposti per il primo dei doveri e cioè il mantenimento della persona.
Il primo dovere politico-sociale-religioso è quello di mantenere e salvaguardare il lavoro dove esiste, programmare e promuovere nuove imprese e iniziative.
“Il lavoro fa parte del piano di amore di Dio ed è un elemento fondamentale per la dignità di una persona. Il lavoro, per usare un’immagine, ci ‘unge’ di dignità, ci riempie di dignità; ci rende simili a Dio, che ha lavorato e lavora, agisce sempre; dà la capacità di mantenere se stessi, la propria famiglia, di contribuire alla crescita della propria Nazione”. (Papa Francesco)
Il Pontefice ha fatto riferimento “alle difficoltà che, in vari Paesi, incontra oggi il mondo del lavoro e dell’impresa”, pensando “a quanti, e non solo giovani, sono disoccupati, molte volte a causa di una concezione "economicista" della società, che cerca il profitto egoista, al di fuori dei parametri della giustizia sociale”.
Diventa quindi di fondamentale importanza la lotta per il mantenimento dei posti di lavoro e lo sviluppo di nuovo lavoro perché solo in funzione di tale mantenimento siamo in grado di provvedere alle necessità delle persone.
Così come di primaria e fondamentale importanza è la distribuzione della ricchezza prodotta dal lavoro che non è di contribuire alla nascita e all’aumento di nuove tasse.
Il lavoro è dunque il fulcro su cui poggia la leva che sostiene la società.
Anche la teoria marxista può servire a mettere ordine nella confusione ideologica facendo riferimento specifico al tema della retribuzione e del rapporto lavoro/capitale.
Qualunque sia la forma di retribuzione (a ore o a cottimo), solo una parte del valore prodotto dal lavoratore gli torna come salario, il corrispettivo del valore della sua forza lavoro; il resto (plusvalore) va invece ad alimentare le varie frazioni della società (che Marx chiama borghesia).
In termini di tempo, il salario corrisponde solo a una parte delle ore di lavoro effettivamente svolte.
Da questo punto di vista lo stesso concetto di paga oraria aggiunge inganno a inganno: accentuando l’immagine che tutte le ore siano retribuite, “oblitera ogni traccia della divisione della giornata lavorativa in lavoro retribuito e lavoro non retribuito” (Karl Marx - Il Capitale)
Nessuna intenzione di voler avvicinare o paragonare l’ideologia marxista con la fede cristiana, ma solo constatare come il tema del lavoro sia una preoccupazione esente da differenze ideologiche, e coerentemente valutare quanto sia importante garantire occupazione in un momento in cui la crisi economica mondiale, causata da una speculazione assassina voluta e mantenuta dalle potenze finanziarie, distrugge i diritti fondamentali delle persone.
Garantire occupazione è un impegno, un dovere, un obbligo inderogabile che prima di tutto coinvolge la politica in tutte le sue forme legislative.
E la coinvolge al di fuori e oltre qualsiasi confine legale.
La difesa e lo sviluppo del lavoro dovrebbe essere la “condicio sine qua non” seconda la quale decidere per l’elezione di un sindaco, di un presidente, di un governo.