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Tra Arte e Devozione

Il percorso doloroso di Cristo

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Benvenuti miei carissimi lettori  e lettrici di Dreaming of Art,

questa settimana, in prossimità della Santa Pasqua, ci soffermeremo in particolare sull’arte legata alla devozione.

Un aspetto importante di questo periodo di preghiera  è la celebrazione della via Crucis, via della Croce o via Dolorosa, un rito cattolico con cui si ricostruisce e commemora il percorso doloroso di Cristo che si avvia alla crocifissione sul Golgota.

Questo ricordo, originariamente, comportava la necessità di recarsi materialmente in visita presso i luoghi dove Gesù aveva sofferto ed era stato messo a morte, ma  un  tale pellegrinaggio era impossibile per molti, così  la rappresentazione delle stazioni nelle chiese, realizzò un modo di portare idealmente a Gerusalemme ciascun credente.  

Le rappresentazioni dei vari episodi dolorosi accaduti lungo il percorso di Cristo alla croce, contribuivano a coinvolgere gli spettatori con una forte carica emotiva, oggi, tutte le chiese cattoliche dispongono di una "via dolorosa", o almeno di una sequenza murale interna, che diventa “mostra permanente”  di moltissimi artisti antichi , moderni e contemporanei, testimoniando la fede, anche attraverso l’arte.

Quattordici sono le stazioni rappresentate artisticamente e volte quindici, con la finale Risurrezione di Gesù e sottolineano un momento di preghiera, di riflessione e un cammino penitenziale che si compie nei venerdì di Quaresima, specialmente il venerdì santo, ed entra a far parte dell'insieme delle rappresentazioni popolari.

Da un punto di vista artistico, importante è stata la conservazione e il restauro delle immagini iconografiche associate con questa pratica: le quattordici stazioni sono state raffigurate nelle chiese e in altri luoghi di culto, a volte anche in esterni, con dipinti, formelle in terracotta, bassorilievi in rame o vere e proprie sculture e sono considerate parte della produzione tematica ispirata alla crocifissione.

Altro luogo importante per la devozione, è il Sacro Monte.

I Sacri Monti  si cominciarono a costruire in Italia a partire dalla fine del Quattrocento, lo scopo , fu all'inizio quello di offrire ai pellegrini un'alternativa più sicura rispetto ai viaggi in Terra Santa; poi divenne quello di offrire ai fedeli un percorso di meditazione e di preghiera che si snodasse attraverso la rappresentazione per immagini della Vita e della Passione di Gesù.

Alcuni di essi sono stati dichiarati patrimonio dell’UNESCO ed i  maggiori sono posti principalmente nell’arco alpino, in prossimità dei laghi o al limite delle valli solcate dai fiumi affluenti del Po e percorse dalle vecchie importanti vie di comunicazione.

La collocazione panoramica, su colli o monti, grazie anche alla suddivisione in cappelle, ha fatto diventare i Sacri Monti un riferimento territoriale ben identificabile con collocazioni strategiche.

In ogni luogo prevalgono rappresentazioni diverse: a Varallo prevale la storia della vita di Gesù Cristo, a Orta di San Francesco d’Assisi, a Oropa della Vergine Maria, ecc.

A Varallo, posto tra Piemonte e Lombardia, l’idea  dell'edificazione di un Sacro Monte posizionato su di un'imponente parete rocciosa, che sovrasta l'abitato di Varallo fu concepita nel 1481 dal frate francescano padre Bernardino Caimi.

A partire dai primi anni del XVI secolo, regista dell'impresa del Sacro Monte fu un pittore, scultore ed architetto valsesiano, Gaudenzio Ferrari di Valduggia.

Questi cantieri artistici erano imponenti diventando fulcro di scie di maestranze provenienti da varie regioni.  

Gaudenzio Ferrari crebbe artisticamente con le prime realizzazione del Sacro Monte, fino a diventare il protagonista del suo sviluppo e vi lavorò sino al 1529 come progettista di alcune cappelle, autore di numerose statue , dapprima lignee, poi in terracotta, di affreschi che, nelle cappelle che  fanno da sfondo alle scene sacre, tracciando la linea poetica che segnerà le produzioni artistiche successive.

Gaudenzio Ferrari, è l'autore delle statue e dei dipinti delle cappelle V (I Magi a Betlemme), VIII (Presentazione al Tempio), XXXVIII (Crocifissione), XL (La Pietà); sue sono anche statue che troviamo nelle cappelle II (Annunciazione), VI (Natività), VII (Adorazione dei pastori); XXXII (Gesù sale la scala del Pretorio), e, probabilmente anche la statua del Cristo morto nella cappella del Santo Sepolcro.

Negli anni 1565-68 i lavori passarono alla guida dell’ architetto Galeazzo Alessi, ma a  partire dalla seconda metà del Cinquecento fu soprattutto san Carlo Borromeo ad occuparsi della sorte del Sacro Monte.

A Varallo, affacciandosi alle celle delle varie cappelle non può sfuggire  tutta la  capacità pittorica  e la gamma estremamente variegata di tipi umani, con fisionomie ed espressioni significative e la  forza poetica del fratello minore di Giovanni d'Enrico, noto come Tanzio da Varallo, uno degli artisti che mise mano alle opere del Sacro Monte.

L'impegno al Sacro Monte fu straordinario, straordinario sperimentare gli artifici prospettici con i quali si realizza la teatralità di una scena, sciogliendo il nodo tra scultura e pittura, risolvendo cioè il rapporto tra gli attori posti in primo piano, con statue in terracotta, e la folla affrescata degli astanti, che sembrano illusivamente voler allontanarsi dalle architetture che stanno sulle pareti per entrare nella realtà tridimensionale della cappella.

 « In queste cappelle tutto viene da un'urgenza di vita in atto, di rappresentazione colta nel suo massimo movimento e perciò tutto sta perennemente aperto come sul palcoscenico di un teatro che abbia la forza di trascinare continuamente a sé nuova vita e nuova morte. » Giovanni Testori, Tanzio da Varallo, 1959.

Vi aspetto a giovedì prossimo con una nuova emozione di Dreaming of Art.

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