Cari amici della rubrica Lo Sguardo Indiscreto della Settima Arte, mi piacerebbe condividere con voi un piccolo frammento della mia vita quotidiana.
Tra le molteplici attività da me svolte, recentemente ho aperto un'attività di Home Video nella mia terra d'origine, la Sardegna.
Sin da subito, le mie scelte di acquisto dei film sono state fatte dopo un'attenta analisi, concernente non soltanto lo studio delle pellicole ma, altresì, il gradimento del pubblico, gli incassi al botteghino e, non da ultimo, i consigli dei fornitori, che certamente hanno più esperienza di me nel settore, posto che io arrivo dall'ambito legale.
Nonostante il mio essere meticolosa, notavo che alcuni film, scelti con tanta cura e da me fortemente voluti, non venivano noleggiati né acquistati: stavano diventando elementi di arredo, svettavano dagli scaffali e contribuivano ad abbellire il mio negozio, bianco e minimale, con i loro colori brillanti.
Ebbene, non era quello il mio obiettivo. Quei film, forse addirittura più di altri, avevano una storia da raccontare e non potevano più trattenere la loro forza espressiva.
Feci il tentativo di metterne alcuni a noleggio gratuitamente.
Niente, missione fallita, non li prendevano neanche gratis!
Mi scervellai per capire come far appassionare le persone anche a quelle pellicole e compresi che l'unica arma che avevo per arrivare rapidamente a tutti era la comunicazione, ancora meglio se scritta.
Così iniziai a scrivere di quei film, con l'unico fine di suscitare nei clienti la curiosità di guardarli o, in alcuni casi, di riguardarli.
Come per magia, l'interesse fu così galoppante, continuo e virale da costringermi ad acquistarne altre copie per soddisfare tutti i clienti, dunque missione compiuta.
Osando una piccola trasposizione, decido di fare lo stesso con voi, cari lettori di questa rubrica: così, oggi rispolveriamo insieme un cult del cinema, Pulp Fiction, il gangster movie iconico per eccellenza.
A chi ancora non lo conoscesse, consiglio vivamente un'immersione in questo folle e scatenato twist ballato dalla magica Uma Thurman e dall'eclettico John Travolta sulle note di "You never can tell " di Chuck Berry.
Correva l'anno 1994 quando il poco più che trentenne Quentin Tarantino, già consacrato a Cannes dove fu premiato con la Palma d'oro, nonchè già vincitore dell'Oscar per la migliore sceneggiatura originale, da dividere con l'ex amico Roger Avary, opera una autentica rivoluzione nel mondo del cinema, dando luogo al fenomeno che prende il nome di "tarantinizzazione".
Tarantino, infatti,con questa opera spartiacque, ha fatto emergere la sua capacità incomparabile di mescolare generi diversi, attraverso un largo uso di citazioni colte e raffinate, con qualche rinvio, di tanto in tanto, a digressioni che rimandano ad una cinematografia classica.
Passato e presente sono abilmente mescolati. Conservatore e rivoluzionario allo stesso tempo. Questo è Tarantino.
Nella pellicola vi è un connubio perfetto tra il folle divertimento e la violenza più efferata, la quale scatena nello spettatore emozioni contrastanti, che però si amalgamano alla perfezione, lasciandolo senza fiato.
Nessuno come Tarantino ha la capacità di annullare il tempo e lo spazio, facendo subire a questi due elementi giravolte continue, al punto di portare di continuo lo spettatore a doversi chiedere in quale punto ed in quale luogo ci si trova nella complessità della storia.
Il titolo evoca certe riviste popolari ("Pulp Magazines"): in questo film è possibile trovare insieme stimoli della cultura popolare e del cinema di tutte le latitudini: dagli incastri di Robert Altman, agli umori neri di Martin Scorsese, dalla violenza coreografata di Sergio Leone e John Woo fino a quei "poliziotteschi" italiani, con Fernando Di Leo e Enzo Castellari in testa, di cui Tarantino non fa mistero di essere fanatico.
Grande è la capacità del regista di dare un carattere completamente nuovo alle sue narrazioni ed alla sua scenografia, nonostante le numerose e pregnanti contaminazioni provenienti dagli altri colleghi di cui sopra, tra le quali, prima tra tutte, emerge prepotentemente la violenza coreografata di Sergio Leone.
La colonna sonora epocale e l'eccellente fotografia fanno da cornice ai dialoghi, magistralmente interpretati da attori brillanti.
Ne consiglio la visione a tutti coloro che hanno voglia di emozionarsi, magari anche per una seconda o terza volta (o dodicesima come faccio io!)
Nella speranza di essere riuscita a solleticare anche la vostra curiosità ,oltre quella dei miei clienti, vi aspetto al prossimo appuntamento con Lo Sguardo Indiscreto della Settima Arte.