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RITORNO A CASA

Più di così non posso avere

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Chiedo scusa per il mio ritardo nella pubblicazione di questa pagina di diario, ma mi trovo al Cairo da qualche giorno, e il Cairo, come al solito, divora regole ed equilibri. Buona lettura a tutti.

 

"E’ incredibile, e dopo cinque anni rieccomi qui, ancora e sempre affascinata da un luogo che non si lascia consumare, ma che al contrario rinnova il suo incanto, in contrasto con ogni routine, fino a farmi impazzire. Di nuovo capisco e ricordo perché qui mi sento a casa. SONO a casa, finalmente, tornata a casa.

Alle ore di lavoro sul computer, senza orario fisso se non quello serrato e spietato dell’ispirazione, posso e devo alternare camminate serali al bordo del mare, per rigenerarmi, o lunghe peregrinazioni di traverso per la laguna, scalza per riappropriarmi della forza della terra con le sue stesse maniere, rigenerando occhi e attenzione fuori dallo schermo, nella luce abbacinante del Sahara più sassoso, tra il vuoto-pieno del deserto e lo scroscio delle onde. La sera poi, salutare il mare è un rituale necessario e irrinunciabile, che sia sotto l’oscurità che lascia spazio alle stelle o sotto falci di luna più o meno acuminate e ribaltate. La luna che qui lascia intravvedere chiarissimamente anche la sua parte in ombra, come se si potesse toccare.

L’intervallo dal lavoro è dunque questo pellegrinaggio scalzo a sentirsi microbo alla conquista delle estensioni, che rispondono. Poi, la giostra dei saluti a tutti quelli che incontri sul lungomare più “civilizzato”, quando torni dal vuoto-pieno degli spazi incontenibili. Poi ancora, l’ossigeno mentale, fornito in queste pause dalle risate per il gas che finisce nella cucina di un ristorante all’ora di punta; per i sedici gatti che hai contato fuori da un negozio della Vodafone, poiché il suo dipendente stava mangiando pesce sul banco; per la notizia che data l’alta stagione dovrai traslocare ben tre volte in un mese - e ridi, perché la tua vita si è ridotta a quattro valigie e non sei mai stata meglio di così.

L’impiegato della boutique, in mancanza di lavoro, sballicchia da solo sulla soglia del negozio su un pezzo di musica locale. Per qualunque cosa ti manchi, avvii il naturale meccanismo del “telefono senza fili” e prima di sera il tuo problema  è risolto. Il ragazzo delle bibite resta esterrefatto di fronte a tutti questi stranieri che qui gli parlano in arabo - ma che mondo è mai questa Dahab? Il paradiso fuori dalle nazionalità? La torre di Babele riunificata?

Il mare mi corre incontro prima di dormire, scrosciando dalle distanze sulla barriera, creando così quel suono come di tuono salato.

Di fronte alla sua maestosità, non posso evitare di sorridere da sola da un orecchio all’altro, né posso evitare di fermarmi. Fosse anche solo per rispetto, perché non puoi contenere tutto, perché devi arrenderti e lasciare lì, per terra, tutto quello che hai combinato e pensato fino ad allora, mentre lui ti strappa dalle labbra sempre quelle parole, “basta con gli scherzi”, ma chi mai ci crediamo di essere, basta provare a vedere e ad ascoltare questa immensità… Tutto il resto non conta più, perché tutto torna e perché più di così non è possibile avere, provare, traboccare - tutto torna, l’equilibrio è perfetto.

Ho nei polmoni la forza del mare e nelle dita scorre la scrittura feroce di una gioia irrevocabile, che nei picchi dei suoi solstizi non mi lascia dormire. Non c’è nulla che si possa rubare; qualcuno dalle distanze suona una chitarra acustica e tutto quel che doveva essere e che serve per vivere sulle orme di Dio è già qui, davanti all’inchino umano a fronte dell’inchino dell’onda, con la luna a pungermi il collo, e davanti montagne bibliche, dall’energia impetuosa e giovane come il giorno presente."

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