BIOGRAFIA AUTORE
Angelo Fanizzi, nasce nell’agosto del 1965 in un paesino in provincia di Bari da padre commerciante e madre casalinga. Commercialista e Revisore Contabile dal 1991. Specializzato in “Organizzazione degli Studi Professionali ed Imprese”, in “Comunicazione efficace” e “Gestione del Tempo”, tiene corsi e work-shop per imprenditori e liberi professionisti in tutta Italia. Laureando in “Psicoeconomia” presso l’Università telematica ECampus di Novedrate. Padre di tre figli maschi rispettivamente di 19, 17 e 6 anni. Nel 2002 incontra per la prima volta Max Formisano e si innamora dei suoi corsi di crescita personale. In particolare frequenta il suo “Master Formazione Formatori”. Successivamente si avvicina alla tematica dell’organizzazione degli studi e delle imprese. Appassionato di qualità.
PRESENTAZIONE
Caro Lettore,
l’attuale contesto economico caratterizzato da crisi profonda, da concorrenza spietata e da carenza di liquidità, coinvolge principalmente le Imprese e successivamente anche i Professionisti delle stesse. Questi ultimi, abituati da sempre a considerarsi indispensabili e quindi fuori dalle problematiche della crisi, hanno cominciato a sentire il peso della situazione ed a vedersi ridurre, in maniera considerevole, gli introiti. Molti, causa l’abolizione delle tariffe minime, hanno reagito dapprima riducendo le richieste ai clienti e successivamente ridimensionando gli studi.
Questo libro scritto da Angelo Fanizzi, invece, propone una soluzione diversa: e se per migliorare l’attuale situazione bastasse organizzare lo studio professionale? Commercialista e Revisore Contabile dal 1991, utilizzando un linguaggio semplice e discorsivo, attraverso il suo libro, egli cerca di aiutare i colleghi a venir fuori da questa impasse mai provata prima. Innovare il modo di svolgere la professione, migliorare l’organizzazione interna dello studio, scegliere i software più innovativi, gestire meglio le risorse umane e, soprattutto, gestire in maniera più efficace il tempo: ecco alcuni suggerimenti, inseriti in questo libro, che traghetteranno il professionista in una nuova dimensione fatta di meno stress, maggiori soddisfazioni professionali e maggior tempo da dedicare a se stessi ed alla propria famiglia.
Buona lettura...
SEI UNICO
“Vedere il mondo,
cose pericolose da raggiungere,
guardare oltre i muri, avvicinarsi.
Trovarsi l’un l’altro e sentirsi.
Questo è lo scopo della vita.”
da “I sogni segreti di Walter Mitty”
* * *
Capitolo 1
Cambia le vecchie abitudini
“L’abitudine, amico mio, è una pratica a lungo seguita, che finisce per esser natura all’uomo”.
Eveno (Poeta greco)
Cambia le tue vecchie abitudini!
Una delle caratteristiche più frequenti di noi Commercialisti è quella di avere delle abitudini ormai radicate e che difficilmente riusciamo a cambiare.
Ecco una storia zen che può meglio spiegare quello che intendo.
Una tazza di tè
“Nan-in, un maestro giapponese dell’era Meiji (1868-1912),
ricevette la visita di un professore universitario che era
andato da lui per interrogarlo sullo Zen.
Nan-in servì il tè. Colmò la tazza del suo ospite, e
poi continuò a versare.
Il professore guardò traboccare il tè, poi non riuscì
più a contenersi.
spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?”
Effettivamente noi commercialisti siamo un po’ come il professore.
Dobbiamo svuotare la nostra mente da quelle che sono le credenze, molto spesso limitanti, sulla nostra professione per poter acquisirne di nuove e, probabilmente, più efficaci.
Noi commercialisti siamo molto riluttanti a delegare ad altri alcune delle tante incombenze del nostro lavoro e, a dimostrazione di ciò, ecco alcuni motivi per cui “posso farlo solo io”:
• “come faccio io il lavoro non lo fa nessuno”;
• “visto il tempo che devo “perdere” per spiegare ad altri come svolgere il compito, faccio prima a farlo da solo”;
• “non ho tempo” per insegnare ad altri come svolgere il compito;
• e così via, le altre scuse aggiungetele voi: ________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________.
Ci sono innumerevoli motivi per cui il commercialista preferisce svolgere il compito da solo, anche il più semplice, non tenendo presente che “un buon lavoro delegato è sempre meglio di un “ottimo lavoro mai completato”.
“Siamo noi che creiamo le nostre abitudini e poi le
nostre abitudini creano noi”.
(John Dryden)
Vi posso garantire che imparando a delegare molti compiti, che sicuramente noi eseguiamo meglio e che potrebbero essere svolti “bene” anche da altri (purché preventivamente formati), potremmo occuparci di altre cose che ci porterebbero maggiori risultati, sia dal punto di vista economico che da quello personale.
Altra abitudine davvero complicata da modificare è quella legata al rapporto con i clienti.
I professionisti in generale -e i commercialisti in particolare- sono abituati ad essere sempre a disposizione del cliente, in qualsiasi giorno della settimana ed a qualsiasi ora della giornata.
Addirittura conosco alcuni colleghi che anche durante le vacanze estive rimangono attaccati al proprio cellulare, aspettando che squilli da un momento all’altro nella speranza che all’altro capo ci possa essere un cliente che ha bisogno di loro.
Abbiamo un po’ manie di protagonismo perché pensiamo di essere indispensabili.
Io personalmente ricordo che, qualche anno fa, chiudendo lo studio verso le nove di sera, in un periodo di ordinario lavoro, passando davanti allo studio di altri colleghi venivo preso dal rimorso perché li vedevo lavorare ancora.
Forse proprio in quel momento decisi che avrei adottato ogni strumento necessario a far sì che il tempo utilizzato per il lavoro fosse organizzato in modo tale da lasciare il maggior tempo possibile per me stesso e la mia famiglia.
Adesso, nel nostro studio, tentiamo di non far fare nessun straordinario ai nostri collaboratori, anche in periodi di super lavoro come nel caso dei bilanci e delle dichiarazioni dei redditi, ed anche noi professionisti rimaniamo in studio dopo le normali ore di apertura al pubblico solo per scelta o per occuparci di cose estranee all’ordinario.
Essere sempre a disposizione del cliente, necessariamente, ci costringe a svolgere il lavoro di aggiornamento e di più alto valore aggiunto nelle ore e nei giorni che, invece, dovremmo dedicare a noi stessi ed alla nostra famiglia, oppure a sacrificare questo tipo di lavori maggiormente remunerativi perché non abbiamo il tempo per formarci o per formare i nostri collaboratori.
Dobbiamo lasciare dietro di noi la credenza, peraltro limitante, che nel caso in cui dedicassimo meno tempo al cliente rischieremmo di perderlo.
Il cliente potremo perderlo comunque per una serie di innumerevoli altri motivi.
Alcuni esempi sono i seguenti:
• tariffe più basse da parte di colleghi più giovani e/o da parte di strutture più organizzate che, attraverso il controllo di gestione e l’organizzazione, riescono a praticare prezzi più competitivi dei nostri (nei prossimi capitoli vedremo come evitare di “farci la guerra in un oceano rosso” e come invece spostarsi in un oceano blu);
• concorrenza da parte di associazioni di categoria che applicano tariffe molto più basse di quelle dei professionisti;
• mancata fidelizzazione del cliente (vedremo in un capitolo specifico come tenerlo stretto a noi);
• incapacità del professionista di capire e soprattutto anticipare i bisogni del cliente;
• mancata formazione dei collaboratori che porta ad una riduzione della professionalità dello Studio (chi non migliora peggiora);
• mancato utilizzo delle forme di marketing, anche on line, che porta i nuovi imprenditori, i quali rappresentano il futuro di noi professionisti, a scegliere altri colleghi più bravi nel farsi conoscere in rete;
• mancanza di lungimiranza nel capire che solamente unendoci potremo far fronte alla crisi ed agli attacchi dei legislatori e della concorrenza;
• inserite voi altre motivazioni: _______________ ___________________________________________________________________________________________________________________________
Altra leggenda metropolitana da sfatare è quella relativa alle lamentele del cliente.
Anche io, in passato, sono stato molto riluttante nel chiedere un feed-back ai miei clienti per il timore di ricevere delle lamentele e soprattutto di non saperle gestire nel momento in cui si fossero presentate.
Successivamente, anche grazie ai vari corsi di formazione che ho frequentato e che mi hanno fatto capire molte cose che precedentemente non conoscevo, mi sono accorto che pochissimi clienti manifestano la loro insoddisfazione e che la maggior parte di essi si limita a lasciare lo studio senza giustificare il proprio gesto.
Approntare quindi dei questionari di soddisfazione (scaricateli gratuitamente da www.mltconsulting.it), possibilmente anonimi, può portare il cliente poco soddisfatto a rendere esplicito il proprio malessere e il titolare dello studio a conoscere alcune situazioni interne di cui non è del tutto consapevole.
Mi riferisco, per esempio, a comportamenti poco professionali da parte di uno o più collaboratori di studio, a ritardi nell’evasione di richieste da parte dei clienti e soprattutto alla possibilità di ottenere suggerimenti da parte loro che potrebbero contribuire al miglioramento del servizio.
Le lamentele più frequenti riguardano una cattiva comunicazione da parte dei componenti dello studio nei confronti dei clienti e/o dei loro collaboratori.
In questo caso diventa fondamentale adottare, all’interno dello studio, alcune tecniche di comunicazione che aiutano noi stessi ed i nostri collaboratori ad interagire in modo più efficace.
A proposito di questo voglio raccontarvi un aneddoto che si è verificato poco tempo fa nel nostro studio.
Un cliente dello studio, che è anche mio amico nonché mio socio in una società partner della MLT® , mi ha riferito di una discussione avuta con una mia collaboratrice, spiegandomene i termini ed evidenziando il fatto che in un altro contesto avrebbe potuto decidere di lasciare lo studio. Io l’ho ringraziato per avermi parlato del problema e l’ho tranquillizzato sulla sua possibile soluzione.
Immediatamente ho convocato la collaboratrice ed ascoltato le sue motivazioni.
Successivamente l’ho invitata a chiarire il disguido con il cliente e per fortuna tutto si è sistemato nel migliore dei modi.
Se il cliente in questione non fosse stato un amico, lo avrei potuto perdere a causa di una errata comunicazione da parte della mia collaboratrice.
I praticanti di studio: una risorsa o una minaccia?
Io personalmente ho svolto il periodo di tirocinio in un momento in cui la professione del commercialista attraversava una fase di grazia.
Stiamo parlando della fine degli anni Ottanta.
Eppure, anche in quel periodo, la maggior parte del professionisti non vedeva di buon occhio i praticanti perché pensavano potessero, una volta terminato il tirocinio, portare via i clienti dallo studio.
Ho dovuto fare tirocinio in uno studio di Bari a circa 40 chilometri da casa mia, proprio perché nessun professionista del mio stesso Comune me lo avrebbe permesso e con la qualità che avrei desiderato.
Oggi questa situazione non è cambiata di molto. Il tirocinante è visto ancora come un pericolo e non come una risorsa da formare e far crescere per diventare un valore aggiunto per il nostro studio.
Cambiando il nostro modo di pensare, anche in maniera “egoistica”, il tirocinante, se bravo e intraprendente, potrebbe far aumentare i clienti di studio perché, giustamente valorizzato, potrebbe attrarre nuovi e più giovani clienti che difficilmente si avvicinerebbero al nostro studio data la differenza d’età.
I tirocinanti ed i giovani professionisti, vista la loro giovane età, porterebbero anche quelle innovazioni e quell’entusiasmo che potrebbe mancare ai colleghi più anziani.
Un altro vantaggio che le nuove leve potrebbero procurare all’interno dello studio è dato dal fatto che, volendo svolgere la nostra stessa professione, domani avremmo accanto a noi professionisti con grande disponibilità e competenza.
Pensa per iscritto!
Un suggerimento che mi sento di dare, non solo a voi professionisti che state leggendo il mio libro, ma anche a tutti coloro i quali hanno un lavoro che richiede responsabilità, è quello di pensare per iscritto.
Ci crediamo così tanto che lo abbiamo anche fatto stampare sulle matite che distribuiamo ai nostri clienti come azione di marketing.
In effetti un modo efficace per organizzare lo studio professionale è mettere per iscritto i propri pensieri in maniera da non dimenticare nulla e soprattutto poter correggere il tiro nel caso in cui ci rendessimo conto che stiamo sbagliando.
“La professionalità passa da carta e penna.”
(Max Formisano)
Scrivete ogni minimo pensiero che vi viene in mente nei posti più improbabili.
Condividete questi pensieri prima con i vostri soci, colleghi o mentori e poi con i vostri collaboratori. Vedrete che i vostri pensieri, debitamente rielaborati e migliorati, diverranno delle idee meravigliose che vi aiuteranno a migliorare il lavoro e ad ottenere ottimi riconoscimenti da parte dei vostri clienti e collaboratori.
A me capita spessissimo, durante la notte, di avere delle vere e proprie illuminazioni e, siccome tengo sempre un bloc-notes sul mio comodino, prendo immediatamente nota in modo da elaborare l’idea con più attenzione il giorno dopo.
Quando leggete libri, e-book, dispense, ecc., oltre a sottolineare le parti che vi sembrano importanti, prendete appunti su un taccuino, perché questi appunti vi torneranno utili in futuro e quando meno ve l’aspettate.
Chiudo questo capitolo raccontandovi una breve storia dal contenuto metaforico che è il giusto passaggio dal primo al secondo capitolo, e che mi piace particolarmente. Eccola:
La strada fangosa
Una volta Tanzan ed Ekido
camminavano insieme per una strada
fangosa. Pioveva ancora a dirotto.
Dopo una curva, incontrarono una
bella ragazza, in chimono e sciarpa di
seta, che non poteva attraversare la
strada.
“Vieni ragazza,” disse subito Tanzan.
Poi la prese in braccio e la portò oltre
le pozzanghere.
Ekido non disse nulla finché quella
sera non ebbero raggiunto un tempio
dove passare la notte. Allora non potè
più trattenersi. “Noi monaci non
avviciniamo le donne” disse a Tanzan
“e meno che meno quelle giovani e
carine. E’ pericoloso. Perché l’hai
fatto?
“Io quella ragazza l’ho lasciata laggiù”
disse Tanzan. “Tu la stai ancora
portando con te?”
“La vera follia è fare finta di essere felici, fare finta che il modo in cui vanno le cose sia il modo in cui devono andare
per il resto della tua vita,
tutti i desideri, le speranze,
tutte le gioie, le emozioni e le passioni
che la vita ti ha tolto sono lì davanti a te, puoi riprenderti tutto.”
(dal film “Mr. Beaver”)
Capitolo 2
Innova per migliorare
“Non è la più forte delle specie che sopravvive, né la più intelligente, ma quella più reattiva al cambiamento”
Charles Darwin (Naturalista britannico)
Gli attacchi alle professioni!
Nella premessa ho parlato degli innumerevoli attacchi portati alle professioni da parte dei vari governi che si sono succeduti, come se bastasse liberalizzare le professioni per risolvere tutti i problemi del nostro paese. Ancora più numerose sono le innovazioni, e non solo tecnologiche, che si sono verificate e che sicuramente si verificheranno nei prossimi anni.
Una nuova filosofia!
Innovare non significa solamente adeguare gli ausili informatici alle novità tecnologiche, che in ogni caso sono indispensabili, ma soprattutto modificare il modo di svolgere la propria professione.
Molte di queste innovazioni verranno rese obbligatorie da normative, da modifiche tecnologiche e molte altre verranno invece scelte dagli stessi professionisti, almeno spero.
Tenete presente che l’uomo cambia per dolore o per piacere.
Purtroppo, quasi sempre, si cambia perché costretti da qualcuno o da qualcosa!
* * *
" SEI UNICO " di Angelo Fanizzi - Edizioni YouCanPrint -
Caro Lettore, arrivederci al prossimo appuntamento letterario.