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SCRITTO IN PREDA AL DELIRIO DESERTICO

A un amore immaginario

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A voi un'altra pagina del diario dedicato a Dahab di quattro anni fa:

"Questi sono pensieri sul bordo del deserto, dove ancora spumeggiano le ultime buganvillea, che con il loro lilla sgargiante contro il giallo aprono porte su mondi paralleli. In itinere, passandoci vicino si può entrare anche là dentro e comincia il viaggio trasparente, quando ci si rende conto che da qui è possibile viaggiare attraverso le sezioni delle cose. Basta trovare la giusta melodia infilata nelle orecchie e il giusto ritmo nelle gambe. Quello delle cose dei deserti, tra il vuoto e il pieno di un mondo tai-chi, tra le vette e gli abissi del mare. Camminare veloce tra questa polvere o nuotarci di fianco diventa volo. Non passa più molta differenza tra gli stati onirici del sogno e il modo agevole in cui qui si attraversano colori e sensazioni, voci e corpi, venti e tremolii, spuma di mare e dune rocciose, perché qui c’è un luogo che è allucinogeno per sua natura, e mi risulterà sempre più difficile far credere che non ho iniettato alcuna droga nel sangue o nel respiro per poter solcare la frontiera tra la materia e tutto l’universo che non lo è.


Trattenendo e rispettando il ritmo, applicandolo con il corpo e con la mente, sulle frequenze dei deserti a un passo dalle onde, mi aleggiano intorno mondi interstellari che sono qui e altrove. Dipende dal fatto che tu riesca o non riesca a vederli, o che tu ti permetta di sentire tutto.


Proprio quando attorno non c’è nessuno, c’è qualcuno che ti osserva, ma è altrove, non lo puoi vedere. Tra il giallo e il rosso, tra i lilla e il blu, tra il profumo di una risacca e di una figura di sabbia, proprio in quell’intersezione si crea la maglia che intreccia fiori gialli sulla salita di porpora, questi corpi legnosi sotto la candida galabia, la porta fantasma che si apre da sola quando è l’ora di vedere il tramonto, il cane che appena prima di morire di affetto ti sceglie come guida e come fonte di calore e non ti lascia per chilometri di sogno. L’uomo che dalla moschea invoca Dio in un paese che ha la rivoluzione dentro. Il profumo della fragranza di un’oasi, il sapore struggente di un pomodoro maturo, il cavallo che passa per la scorciatoia sassosa la mattina e la sera. Le pecore che attraversano le strade principali facendosi forti del proprio numero, più forti dell’uomo. Le braci ardenti al centro di una stanza dentro casa per l’offerta di un te propiziatorio. La mano sul cuore, l’enorme occhio verticale da dio supino che si crea attorno alla luna nelle sere speciali, la testardaggine di una terra che è da affrontare a piedi nudi e con passo pesante. Tutti gli uomini che non mi rispondono mai. Gli inverni marini delle grandi solitudini. Tutti gli uomini che mi ispirano perché mi espirano, non mi trattengono, perché non vogliono o perché non possono. La musica che s’infila sul Sinai dal mio balcone dietro le zanzariere, nel crepuscolo viola. L’oro di tutti i contrasti, l’oro della terra, delle stelle, dei contorni delle creste che disegnano il quadro in cui uno si ritrova a vivere. L’oro di tutti i suoi movimenti contro il blu. Per favore non lasciarmi sola in questo patrimonio di vuoti e di pieni. Si potrebbe morire allo stesso modo del troppo e del niente. Forse per questo resto in vita e anche più viva che mai, incastrata tra le due dimensioni universali che da qui mi tengono in un equilibrio mai precario, che è estasi e dolore in modo perfettamente contemporaneo. Per favore non lasciarmi sola in questo tutto."

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