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Coronavirus. Le 10 cose da sapere

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Infezione anche senza sintomi. La prima difesa è lavarsi le mani e stare
lontani da chi tossisce e starnutisce.
Come avviene il contagio?
Tramite le goccioline che una persona infetta emette respirando, parlando, tossendo e
starnutendo. Queste goccioline possono entrare nelle vie aeree di un’altra persona che si trovi a
meno di un metro e mezzo di distanza.
Quali sono le precauzioni?

Restare lontani da chi tossisce e starnutisce; lavarsi le mani (che potrebbero aver toccato
oggetti contaminati); non toccarsi il viso (sempre perché le mani potrebbero ospitare il virus); in
caso di sintomi, evitare di andare al pronto soccorso e chiamare il proprio medico, il 112 o il
1500.
Il coronavirus può essere trasmesso da persone senza sintomi?
«All’inizio dell’epidemia non eravamo convinti che il contagio avvenisse senza sintomi» spiega
Antonella Castagna, infettivologa del San Raffaele di Milano e dell’università Vita-Salute. «Poi la
sensazione contraria si è rafforzata. Oggi abbiamo una conferma. Uno studio ha trovato nelle
vie aeree di alcuni pazienti privi di sintomi delle quantità di virus elevate». Per Carlo Federico
Perno, microbiologo dell’università di Milano, «è difficile che il virus venga trasmesso da
persone completamente senza sintomi. È invece possibile che venga trasmesso da persone
con pochi sintomi». Un esempio: «Quando ci viene l’influenza, c’è una fase in cui non ci
sentiamo in forma, ma senza sapere bene perché. In quel momento non abbiamo ancora la
febbre, cioè il sintomo principale, ma potremmo essere già contagiosi. Pensiamo che la
trasmissione del coronavirus segua un meccanismo simile».
Sono state ipotizzate altre vie di contagio?
Si è parlato di contagio attraverso i tubi dell’acqua o i condotti di aerazione, ma non c’è nulla
che lo confermi. Il virus è stato trovato anche nelle feci dei malati. Ma è difficile immaginare di
infettarsi così. Il contatto diretto con gli ammalati e con le goccioline emesse dalle loro vie
respiratorie resta la via maestra della trasmissione.
È possibile contrarre il coronavirus toccando oggetti contaminati?
Può capitare di starnutire o tossire su un oggetto, oppure su una mano con la quale poi si tocchi
qualcosa. In questo caso, il virus può depositarsi sulle superfici. Toccando quelle superfici
subito dopo e poi portandosi la mano alla bocca, teoricamente, ci si potrebbe infettare. «La
capacità del virus di sopravvivere in queste condizioni è comunque molto limitata» spiega
Giovanni Maga, virologo e direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia. «Il
tempo di sopravvivenza varia a seconda del virus, della temperatura e dell’umidità. Può anche
essere di alcuni giorni, ma già dopo 24 ore l’infettività può ridursi a una frazione molto piccola,
anche intorno a un decimo. Il rischio di contagiarsi in questo modo è trascurabile».
Perché alcune persone non hanno sintomi e altre si aggravano?
«Non lo sappiamo» è sincero Perno. «Ma abbiamo delle ipotesi. Qualche anno fa l’influenza

stagionale fu particolarmente mite negli anziani. Non sapevamo spiegarcelo. Poi scoprimmo
che vent’anni prima era circolato un virus simile, e i più anziani ne avevano conservato una
memoria immunitaria. Può darsi che chi si ammala in modo lieve sia entrato in contatto in
passato con altri coronavirus e oggi sia in parte protetto. Alla famiglia dei coronavirus
appartengono infatti alcuni dei patogeni che provocano il raffreddore. Teoricamente, una
persona sopravvissuta alla Sars sarebbe resistente a questo coronavirus, perché i due
microrganismi sono simili».
l paziente di Lodi è un giovane atleta. Non è vero allora che si aggravano solo persone
fragili?
«Gli anziani e le persone con problemi di salute rischiano sicuramente di più» spiega Castagna.
«Ma nulla esclude che anche un polmone sano e in perfetta efficienza si ammali in modo serio,
soprattutto se attende molti giorni prima di farsi assistere».
I dati sulla mortalità in Cina sono molto diversi da quelli del resto del mondo. Perché?
La mortalità a Wuhan è del 2,5%. Quella nel resto del mondo è a 0,5 per mille. Nella regione più
colpita della Cina, infatti, gli ospedali faticano a sostenere il gran numero di malati. «Mentre se
un paziente viene preso in tempo e messo in una buona terapia intensiva, ha ottime probabilità
di cavarsela» spiega Perno. «Il virus entra dalle vie aeree superiori, dopo qualche giorno
scende nei polmoni. I pazienti iniziano a respirare male. Se si viene ben assistiti in ospedale
con l’ossigeno, si può sopravvivere anche con polmoni che funzionano al 5-10%. In qualche
giorno, se le cose vanno bene, il corpo dovrebbe reagire e sconfiggere il virus».
Ci sono indizi che il virus stia mutando e diventando più letale?
Finora no, ma verranno effettuati dei controlli sugli ultimi contagiati. Il loro virus sarà isolato e il
genoma sequenziato. A quel punto controlleremo se le caratteristiche genetiche del
microrganismo sono rimaste uguali rispetto all’inizio dell’epidemia.
Quanto è grande il rischio che l’epidemia si estenda anche in Italia?
Lo sapremo nei prossimi giorni, se compariranno nuovi contagi. Per ora il focolaio è ancora
considerato piccolo e controllabile. «Anche perché - spiega Castagna - il presunto paziente zero
era tornato in Italia prima del blocco dei voli. Subito dopo sono state rafforzate le precauzioni».
Quel che è certo, aggiunge Perno «è che il numero ufficiale dei contagiati è solo la punta
dell’iceberg rispetto alle persone infettate, che non sono state inserite nei conteggi perché
senza sintomi, o con sintomi lievi che si sono risolti da soli»
Le origini, la diffusione, i sintomi e il contagio. Cosa sappiamo della
malattia polmonare arrivata da Wuhan
Si chiama 2019-nCoV il nuovo coronavirus (CoV) arrivato dalla Cina, mai identificato prima
nell'uomo. Il 31 dicembre 2019 le autorità cinesi informano l'Organizzazione mondiale della
Sanità che a Wuhan si è verificata una serie di casi di simil polmonite, la cui causa è però
sconosciuta: il virus non corrisponde a nessun altro noto. Si comincia a indagare sull'origine
della malattia.
L'epidemia di coronavirus partita da Whuan oggi ha superato il numero totale di casi
dell'epidemia di Sars, ma sembra avere una mortalità più bassa. Al momento i casi di contagio
confermati sono circa 10 mila e 213 i morti, questi ultimi tutti in Cina e 98 casi in altri 18
Paesi. Secondo statistiche pubblicate da Cnn, risultano 8.254 casi accertati contro gli 8.098
della Sars fra il 2002 e il 2003.
Le origini del coronavirus
A gennaio è stata eseguita la mappatura genetica del coronavirus, ma la sua origine è ancora
discussa. Alcuni ricercatori del Wuhan Jinyintan Hospital in un articolo su Lancet escludono
l'ipotesi che si sia propagato all'interno del mercato di pesce e animali vivi della città della Cina
orientale. Secondo la loro ricostruzione, il primo paziente ricoverato in ospedale il 1 dicembre
non si era mai recato nel mercato. Si attendono ancora conferme circa la teoria che il nuovo
agente infettivo sarebbe arrivato all'uomo attraverso il pipistrello prima e il serpente poi.

Il contagio e i sintomi
La malattia colpisce soprattutto le vie respiratorie. I sintomi sono gli stessi di tutte le
malattie infettive respiratorie, compresa l'influenza stagionale, che in queste settimane sta
raggiungendo il picco dei contagi. Febbre, tosse, mal di gola, raffreddore e nei casi gravi
affaticamento polmonare che può dar luogo a polmoniti.
Il virus è apparentemente trasmesso con le microscopiche goccioline di saliva emesse dal
paziente con la tosse. Questa modalità di contagio è molto comune, ed è condivisa ad esempio
dall'influenza e dal morbillo; è anche una modalità di contagio molto efficace
Virus cinese, sintomi e diffusione: cosa sappiamo
La prevenzione e le terapie
Al momento non esistono cure specifiche per la malattia, ma nella maggior parte dei casi
guarisce spontaneamente con terapie di supporto. Per l'insufficienza polmonare si può
intervenire con l'ossigenazione extracorporea (Ecmo), un sistema di rianimazione di cui l'Italia è
bene attrezzata.
La misura più efficace per prevenire l'epidemia è la quarantena che è stata fondamentale per
fermare la Sars. Si tratta di una forma di isolamento dei malati, adottata per la prima volta nel
Quattrocento durante la diffusione della peste nella Repubblica di Venezia, quando le navi
dovevano attendere 40 giorni prima di entrare nel porto e sbarcare i passeggeri. Oggi viene
ancora chiamata quarantena ma può avere una durata differente a seconda dell'epidemia che si
vuole contenere e in base al periodo di incubazione della malattia. Nel caso del coronavirus
2019-nCoV l'isolamento previsto è di 14 giorni, poco più di quello che si presume sia il periodo
di incubazione del virus.
I pazienti in isolamento non presentano sintomi e vengono tenuti in osservazione in casa o in
una struttura ospedaliera (all'interno di appositi reparti), con l'obbligo di mantenere una serie di
precauzioni: ad esempio, indossare una mascherina in presenza di un familiare o di personale
medico, misurare la febbre più volte nella giornata, monitorare i possibili sintomi, ricevere la
visita di un medico o l'assistenza sanitaria prevista.
Al momento, essendo una malattia nuova, ancora non esiste un vaccino e per realizzarne uno
i tempi possono essere anche relativamente lunghi. Per evitare di contrarre il virus, l'Istituto
superiore di sanità consiglia di lavarsi le mani spesso per almeno 20 secondi e strofinando con
sapone o detergenti sopra e sotto. In mancanza di acqua, è consigliato l'uso del gel anti
batterico. In caso di tosse o starnuti, si consiglia di coprirsi con il gomito flesso (e non con il
palmo della mano) e di non toccare naso e bocca per limitare la possibile trasmissione del virus
al contatto. E' consigliabile fare attenzione alla pulizia delle superfici e degli oggetti.
La mascherina costituisce una barriera efficace solo se usata correttamente, ossia aderente al
viso, in modo che copra naso, bocca e mento. E' bene inoltre evitare i luoghi affollati e, in
particolare, contatti ravvicinati con persone che sono malate o che mostrino sintomi di malattie
respiratorie (come tosse e starnuti). Infine, il suggerimento è di rimanere a casa se si hanno
sintomi.
Rischi e contagio del coronavirus
Il coronavirus ha una contagiosità da 1,5 a 2 (è il numero di riproduzione di base che indica i
contagi secondari che un agente infettivo può produrre in una popolazione sana). Ciò vuol dire
che ogni paziente può infettare da una persona e mezzo a due. Non è un tasso particolarmente
alto. Il morbillo oscilla tra 7 e 29. Si calcola che per contenere il focolaio cinese occorre bloccare
il 60% dei contagi. Il coronavirus può essere trasmesso da persona a persona, di solito dopo un
contatto stretto con un paziente infetto.
l nuovo coronavirus 2019-nCoV, come tutti quelli umani, si trasmette da una persona infetta a
un'altra attraverso la saliva; tossendo e starnutendo; con contatti diretti personali (come toccare
o stringere la mano e portarla alle mucose); toccando prima un oggetto o una superficie
contaminati dal virus e poi portandosi le mani (non ancora lavate) sulla bocca, sul naso o sugli
occhi; e raramente con contaminazione fecale.

La letalità, cioè la percentuale dei morti calcolata in relazione al numero di pazienti curati in
ospedale è del 3% con il 20% di casi gravi. Ma bisognerà vedere lo sviluppo dell'epidemia per
avere stime definitive. Finora il virus ha mostrato una letalità inferiore a quello della Sars, la
sindrome respiratoria acuta grave che tra 2002 e 2003 seminò 774 morti su circa 8 mila casi,
con un tasso di mortalità del 9,6%
. I pazienti contagiati
Fino ad ora nessun paziente contagiato, in Cina e nel resto del mondo, ha meno di 15 anni. I
malati sono invece spesso in età avanzata: la metà ha oltre sessant'anni. La maggioranza (56
su 100) sono uomini.
L'emergenza globale dichiarata dall'Oms
Il 30 gennaio l'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha dichiarato l'emergenza globale
per il coronavirus. In particolare, il comitato ha stabilito che siamo di fronte a una "emergenza di
salute pubblica di interesse internazionale (PHEIC, Public Health Emergency of International
Concern)". Come spiega l'Oms sul sito, PHEIC è "un evento straordinario che costituisce un
rischio per la salute pubblica per altri Stati attraverso la diffusione internazionale delle malattie e
che richiede potenzialmente una risposta internazionale coordinata". Questa definizione implica
una situazione che viene definita dall'Oms "seria, improvvisa, insolita o inaspettata", che
"comporta implicazioni per la salute pubblica oltre il confine nazionale dello Stato interessato" e
che "potrebbe richiedere un'azione internazionale immediata". Il direttore generale dell'Oms,
Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha spiegato: "Il motivo principale non è quello che sta
accadendo in Cina, ma quello che sta accadendo in altri paesi".
I controlli per chi viaggia e il numero di emergenza
I primi controlli sono stati attivati a metà gennaio negli aeroporti (i primi negli Usa) dove le
persone di ritorno da zone infette della Cina vengono sottoposte a monitoraggio (misurazione
della febbre e verifica di altri sintomi) anche attraverso questionari. Le indicazioni delle autorità
sanitarie per i pazienti asintomatici, in generale, sono di verificare la possibile insorgenza di
sintomi quale raffreddore, febbre, tosse e di chiamare i numeri di emergenza - in Italia è stato
attivato il 1500 - per chiedere un parere prima di recarsi al Pronto soccorso.

E bene esserne pronti e informati.
 

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